Silvio Pellico. Storia.



Silvio Pellico. Storia.

Il 1° settembre 1832 Silvio Pellico firmò il contratto con l'editore Bocca di Torino,libraio
del Re,per la stampa delle sue memorie: “Le mie prigioni”. Nel suo libro,il Pellico
descriveva in maniera semplice ed efficace la sua vita di prigioniero nelle carceri
austriache di Milano,di Venezia e quindi dello Spielberg,senza mostrare alcun odio contro
coloro che gli avevano inflitto durissime pene. Quindici anni dopo l'uscita del libro,il
cattolico Veuillot poteva dire al Metternich: “Principe,il libro ha fatto il suo cammino e il
risultato è stato per l'Austria più terribile di una grande battaglia perduta”. Il Pellico fu
lusingato dal successo della sua opera;sapeva però che era dovuto al momento politico
che si attraversava. Egli non voleva sentirsi dire che aveva scritto una grande opera d'arte.
A chi lo chiamava grande scrittore,egli rispondeva:”No,non esageriamo. Ingegno discreto
e gusto non cattivo mi hanno fruttato un tantino di celebrità. Le mie sventure lo hanno
accresciuto. Ecco tutto”.

La vita.

Silvio Pellico nacque il 25 giugno 1789 a Saluzzo,da Margherita Tournier e Onorato
Pellicot (che mutò poi il proprio cognome in Pellico). I genitori di Silvio erano di modesta
condizione; il padre conduceva infatti un negozio di drogheria. La famiglia Pellico si
trasferì da prima a Pinerolo,poi a Torino,quindi a Milano. Silvio si dedicava con passione
ai suoi studi,leggeva e scriveva poesie; doveva però anche aiutare il padre nel negozio.
Nel 1806 il padre lo mandò a Lione,presso un ricco cugino,dove rimase circa 4 anni.
Furono anni di intensa attività letteraria in cui il giovane non soltanto studiò e scrisse, ma
si fece amico di molti letterati francesi. Nel 1810 lasciò Lione e raggiunse i suoi familiari a
Milano,dove divenne molto amico del Foscolo. La sua attività letteraria proseguì intensa
nella città lombarda che non volle abbandonare allorché i genitori si trasferirono di nuovo a
Torino. Nel 1814 scrisse la “Francesca da Rimini”,una tragedia che venne più volte
rappresentata con successo. Ma le condizioni finanziarie del Pellico,per di più molto spesso
ammalato,non miglioravano; egli accettò l'incarico di educare i figli del conte Porro e
nella casa del nobile lombardo trascorse il più bel periodo della sua vita. Lì conobbe gli
uomini più illustri nelle scienze e nelle arti; da tutti era molto amato per la sua modestia e
per la sua bontà. Egli alternava le lezioni ai figli di Porro con numerosi lavori di poesia.
Nel 1818 ebbe l'incarico di redattore capo del famoso giornale “Il Conciliatore” fondato
da Porro e dal conte Confalonieri. Ma dopo 1 anno di vita il giornale cessò le pubblicazioni
per volere del governo austriaco che vi scorgeva pericolose idee rivoluzionarie. Negli
stessi anni il Pellico conobbe un giovane forlivese che lavorava a Milano per l'editore
Ricordi: Pietro Maroncelli. Il giovane Maroncelli era affiliato alla setta della Carboneria
che aveva uno scopo principale,quello di propagandare le idee di indipendenza e di
rivolta contro lo straniero. Maroncelli convinse il Pellico ad aderire alla società e con lui
aderirono gli amici Porro,Confalonieri e altri. Disgraziatamente Maroncelli,poco prudente,
scrisse una lettera al fratello a Forlì nella quale risultava chiara l'appartenenza dello
scrivente alla Carboneria; nella lettera venivano inoltre nominati molti lombardi,fra cui
Pellico,Porro,Confalonieri,ecc. Lo scritto cadde in mano della polizia austriaca. Maroncelli,
il 6 ottobre 1820 venne arrestato; poco dopo,anche Silvio Pellico subì la stessa sorte.
Processato,Silvio Pellico venne condannato dal governo austriaco alla pena di morte,
commutata poi in quella di 15 anni di carcere duro. Liberato nell'agosto del 1830,il Pellico
tornò a Torino il 17 settembre. I 10 anni di carcere avevano aggravato le sue già cattive
condizioni di salute. Egli tornò dai genitori ma trascorse una vita modesta,fatta di molto
ritiro (tanto più che,con questo atteggiamento,obbediva ad un preciso ordine del governo
austriaco). Si dedicava soltanto alla sua attività letteraria: nel 1832 egli pubblicò il suo
famoso libro e in seguito scrisse altre tragedie e alcuni volumi di poesie. Silvio Pellico morì

a Torino il 31 gennaio 1854,all'età di 64 anni.
 

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