Giulio II,papa e principe. Storia Rinascimentale.





Giulio II,papa e principe. Storia Rinascimentale.

All'inizio del Cinquecento l'Italia stava attraversando il periodo storico splendido ma
travagliato delle “Signorie”. Ogni città,governata da un diverso signore,era continuamente
impegnata in guerre con altre città,per sottometterle. Anche i territori dello Stato della
Chiesa erano oggetto di questi desideri di conquista; da ogni parte vi erano principi
pronti a far guerra per appropriarsene. Occorreva perciò che il papa,il quale,oltre ad
essere capo della Cristianità,era anche sovrano di uno Stato,fosse buon condottiero per
difendere le proprie terre. I principi stessi,allora,non facevano che tendersi l'un l'altro
degli agguati e ardire congiure. Costoro non esitavano a considerare il papa un principe
dello stesso loro rango. Era perciò opportuno che anche il papa si circondasse di fedeli
soldati e si affidasse alla protezione di un principe devoto,per sfuggire alle congiure e
alle aggressioni che si ordivano contro di lui. Per di più,proprio in quegli anni,iniziarono
anche gli stranieri,Francesi e Spagnoli,a contendersi il suolo italiano. Era invocato da
tutti un sovrano che si ponesse alla testa di un'alleanza di principi italiani e scacciasse gli
stranieri. Il papa Giulio II era l'uomo forgiato per un simile tempo.

Doti di condottiero.

Giulio II salì al trono papale a 60 anni,ma aveva ancora un aspetto e un animo veramente
da condottiero. Profondi e saettanti gli occhi,risoluti i gesti,scarse le parole; era sempre
irrequieto,e anche molto facile ad adirarsi,voleva vedere tutto,e fare tutto da solo. Appena
eletto,subito si dedicò a riordinare l'amministrazione dello Stato Pontificio: emise molte e
sagge leggi,particolarmente severe contro ladri e briganti che allora,approfittando dei
frequenti rivolgimenti politici,infestavano città e campagne. Ma aveva in cuore ben più
ampi progetti: sognava di unire tutti gli Stati italiani in una confederazione di cui il
pontefice romano né fosse il capo e di cacciare dall'Italia tutti gli stranieri. Disse egli
stesso un giorno,ad un ambasciatore veneto:” Non vorremmo che gli Italiani non fossero né
Francesi né Spagnoli e che fossero tutti Italiani e che loro (e cioè gli stranieri) stessero a
casa loro e noi alla nostra”. Nell'inverno del 1511 Giulio II,in lega con Venezia,è impegnato
in guerra contro i Francesi che tengono alcune città dell'Emilia. Poiché ha l'impressione
che il suo esercito si muova troppo a rilento,né assume personalmente il comando e pone
l'assedio alla fortezza della Mirandola. L'inverno è molto rigido; le acque del Po e dei
fossati difensivi sono coperte di ghiaccio,tanto che la cavalleria può transitarvi. Scrive
un cronista dell'epoca: “Il papa gira continuamente intorno,osserva il turbinio della neve;
non teme né vento né pioggia,egli ha una tempra da gigante. Ieri e oggi ha nevicato senza
interruzione; la neve arriva al ginocchio dei cavalli,pur tuttavia il papa è restato nel campo”.
Ed aveva quasi 70 anni! Un giorno una palla di cannone nemica piombò nelle stanze da
lui occupate vicino al luogo ove si combatteva. Il papa né fu sfiorato e dei suoi segretari
rimasero feriti. Egli prese la palla e la spedì come ex-voto al santuario di Loreto. Tre giorni
più tardi la fortezza venne espugnata. L'instancabile vegliardo si arrampicava su per una
scala a pioli,appoggiata alla breccia aperta delle mura, per essere fra i primi a penetrarvi.
Così Giulio II cercava di tener fede al suo motto: “Fuori i barbari!”. Purtroppo egli non
visse abbastanza a lungo per realizzarlo.




Un vero principe del Rinascimento.

Oltre alle doti di condottiero papa Giulio II ebbe anche uno smisurato amore per le arti e
gli artisti,per tutto ciò che fosse bello,grande,fastoso. Egli pensò di innalzare a Dio un
tempio che fosse il più bello e il più grande del mondo,che fosse veramente il centro della
Cristianità. Giulio II volle,per compiere la sua opera,i più grandi artisti del suo tempo e
ebbe la fortuna di trovare alcuni che furono tra i più grandi di tutti i tempi: l'architetto
Bramante,lo scultore Michelangelo,e il pittore Raffaello. Il Bramante tracciò uno stupendo
progetto,dalle linee potenti e fantasiose. Il papa lo approvò; l'antica,e pur bella,basilica
Vaticana venne demolita e subito iniziò la costruzione dell'attuale basilica di San Pietro.
Questa,purtroppo,oggi rispecchia soltanto in parte l'iniziale progetto bramantesco perché
molte furono le modifiche di coloro che,in seguito,condussero i lavori. Il giovane Raffaello
da Urbino,presentato al papa dallo stesso Bramante,ebbe l'incarico di affrescare le stanze
e le logge vaticane. E qui creò la più bella delle sue opere. Ma colui che,oltre che artista di
corte,fu veramente molto amico di Giulio II,fu Michelangelo. Fu,la loro,un'amicizia
continuamente accesa da scontri,di incomprensioni e quasi di alterchi; ma i 2 grandi,poiché
avevano lo stesso carattere volitivo e irruente,si compresero e si stimarono a vicenda.
Il papa affidò al Buonarroti la costruzione del proprio mausoleo; e il fiorentino preparò un
progetto che,se fosse stato realizzato,avrebbe dato vita ad un'opera fra le più grandi.
Ma il capolavoro non fu mai compiuto e delle 50 statue previste una sola poté essere
ultimata: il Mosè,che ritrae appunto le sembianze del papa e che dà la misura di quella che
potrebbe essere stata l'opera intera. Per conto di papa Giulio,Michelangelo eseguì ed
ultimò,invece,l'affresco della volta della Cappella Sistina. Giulio II ammirò un tal
capolavoro e gioì d'esserne stato il promotore. Ma per breve tempo; il 21 febbraio 1513
il grande papa e principe moriva. 

 

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