L'Italia tra il 1900 e il 1914. Storia contemporanea.
L'Italia tra il 1900 e il 1914. Storia contemporanea.
L'età giolittiana.
Abbiamo
visto come l'Italia,tra il 1860 e il 1900,fosse ancora
sostanzialmente una nazione
povera,con
poche e rudimentali industrie,un'agricoltura arretrata,una
popolazione
prevalentemente
esclusa da ogni potere o decisione. Tra il 1900 e il 1914 avvennero
in
Italia
importanti trasformazioni,e cioè: lo sviluppo economico,anche se fu
limitato solo ad
alcune
aree,divenne prorompente,si ripresero le conquiste coloniali,si
allargò il diritto di
voto,che
venne esteso a tutti i cittadini maschi maggiorenni,si sviluppò la
vita politica,
e
si delinearono nuove forze,come i socialisti,i cattolici e i
nazionalisti. Dalle regioni più
povere,in
particolare dal Sud,si mosse un imponente fenomeno migratorio:
milioni di
persone
fuggirono dalla miseria,nella speranza di trovar fortuna in paesi
d'oltre oceano.
L'uomo
che governò l'Italia durante il periodo di questa nuova fase fu
Giovanni Giolitti
(1842-1928),più
volte presidente del Consiglio tra il 1903 e il 1914,massimo
esponente
del
gruppo liberale.
Lo sviluppo economico italiano.
Tra
la fine dell'Ottocento e il 1914,l'Italia conobbe una fase di grande
espansione economica,la sua prima vera “rivoluzione
industriale”. Con il
particolare confronto molto
significativo
di alcuni dati storici che sono giunti fino ai giorni nostri,abbiamo
visto,per
esempio
che,il reddito nazionale crebbe di circa il 50%,la produzione di
zucchero di 40
volte,quella
di acciaio di 15 volte; quella di energia elettrica di oltre 30
volte. L'industria
italiana
di allora lavorò su vasta scala ferro e carbone,si produceva
acciaio,si lanciò nella
produzione
di automobili,le prime macchine da cucire,macchine per
scrivere,turbine,
caldaie
a vapore,cavi elettrici,fertilizzanti,coloranti,armi,che si sarebbero
rivelati poi,di
grande
successo. Sorsero industrie elettriche,basate principalmente sullo
sfruttamento dei
corsi
d'acqua. Industrie chimiche,per la lavorazione della gomma,e
cementizie,furono i
settori
che subirono di più grandi progressi e trasformazioni; grande
impulso lo ebbe
anche
l'industria tessile. Quello slancio avveniva anche per motivi ben
precisi; fu una fase
di
grande espansione economica internazionale; un'enorme disponibilità
di manodopera,
sovente
poco pagata e disposta a lavorare in condizioni molto
dure,permettendo così,
agli
imprenditori ingenti guadagni facili; una rete ferroviaria orma
completata,con
l'apertura
di grandi trafori alpini del Frèjus,del San Gottardo,del Sempione;
un certo
benessere
diffuso in alcune regioni e,quindi,la richiesta di beni,prodotti e
oggetti: l'emergere
di
figure imprenditoriali,e tra questi Giovanni Agnelli (nel settore
automobilistico),
A.
Pirelli (nel settore pneumatico),Adriano Olivetti (nel settore della
produzione di
macchine
da scrivere). E' da considerare,infine,un dato molto
significativo,che fu
destinato
a permanere anche nei decenni che furono successivi: e cioè,la
concentrazione
industriale
si estese in una parte ristretta del paese,si limitò al
Piemonte,Lombardia e
Liguria.
I segni delle profonde trasformazioni economiche e sociali.
A
Torino,nel 1899,si era costituita la Società Italiana per
la Costruzione e il Commercio
delle
Automobili; ne erano stati i promotori alcuni appartenenti
all'aristocrazia locale e
certi
uomini di affari. Tra essi vi era Giovanni Agnelli,rampollo di una
facoltosa famiglia
di
proprietari agricoli,che aveva lasciato nel 1893 la carriera militare
alla quale era stato
avviato,e
da qualche anno già,si applicava con passione allo studio dei motori
a scoppio.
Dopo
un avvio incerto (i bilanci del 1900 e 1901 si erano chiusi in
perdita) la società,che
nel
frattempo aveva mutato il proprio nome in Fabbrica Italiana
Automobili Torino,cioè,
come
la conosciamo già,Fiat,registrava nel 1902 un utile di 64.034 £ e
iniziava una
produzione
differenziata che allargasse quella iniziale limitata alla
costruzione di vetture da
competizione.
Ma non vi era soltanto la Fiat. Il numero delle industrie
automobilistiche
andava
moltiplicandosi; nella sola Torino,nel 1905 e nei primi mesi del
1906,ne nacquero
ben
16 nuove,tra le quali la Diatto-Clement e la Lancia; a Milano già
erano operative
fabbriche
destinate ad avere importanti affermazioni,quali l'Isotta
Fraschini,L'Alfa Romeo,
la
Bugatti e la Bianchi. La produzione Fiat,nel 1906,oscillava tra le
1100 e le 1200
vetture;
nel 1909 toccò le 1868 unità,salite a 2630 nel 1911. Il grande
sviluppo,il vero
“boom”
per la fabbrica torinese,si
verificò dal 1909,trovandosi nelle mani di Giovanni
Agnelli,il
quale,nel 1911,stipulò con l'esercito italiano una serie di
vantaggiosi contratti
per
la fornitura di molti autocarri; nel 1912 riuscì a produrre in serie
una vettura di tipo
utilitario,capace
di sopportare la concorrenza dell'industria straniera. Da quel
momento la
Fiat
assunse in Italia la funzione di azienda leader del settore. La
crescita economica
determinò
il diffondersi su larga scala della pubblicità. I prodotti dovevano
essere venduti,
e,per
esserlo,dovevano essere conosciuti da un pubblico sempre più vasto;
iniziava così la
grande
stagione dei “cartellonisti”. Tra
il 1901 e il 1911,la popolazione italiana passò da
32
a 37 milioni di persone. In quegli stessi anni l'analfabetismo
diminuì del 48,7%,i
salari
aumentarono; la fabbricazione del giornale assunse l'aspetto di una
vera impresa
industriale.
Tra il 1902 e il 1903,vennero installate le prime linee telefoniche
tra Roma,
Torino,Milano
e Parigi; nel 1906 furono introdotte le prime macchine “a
composizione
veloce”
le rotative e le piegatrici. Il
giornale assunse quell'aspetto che ha ancora oggi:
nacque
la rubrica politica,quella sportiva,la rubrica culturale,e gli spazi
riservati alla
pubblicità.
Aumentava il personale: al direttore si affiancavano
redattori,addetti alla
rielaborazione
delle notizie,impaginatori,cronisti,corrispondenti da diverse città,i
quali
telefonavano
e telegrafavano i propri servizi. I giornali più importanti furono
il “Corriere
della
Sera”,”Il Secolo”,”La Stampa”,”Il Giornale d'Italia”.
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