La Rivoluzione Toscana.


La Rivoluzione in Toscana.

Si è detto che l'anno 1848 si apriva in un clima di vasto
e profondo fermento in tutta la Toscana e,come ovvio,
nella capitale Firenze. Gli eventi dell'Europa e dell'Italia
sembravano precipitare. Il sistema della Santa Alleanza,
con buona pace del principe Metternich,sembrava
entrare in piena liquidazione. I movimenti rivoluzionari
di Vienna e di Parigi si ripresentavano in quasi tutte
le città capitali degli Stati grandi e piccoli.
Era proprio la rivoluzione europea di cui ha parlato
con tanta lucidità Luigi Salvatorelli. In Toscana,
il granducato intese benissimo (come benissimo
intesero altri Stati anche più conservatori e
reazionari della penisola,dal Regno di Sardegna
al Regno di Napoli) il corso delle cose.
A suo modo,cercò di controllare la situazione
la cui tensione era già vivissima sullo scorcio
dell'anno 1847. Il fermento popolare che era
quello più decisamente “liberale” nella sua
dichiarata linea “repubblicana”,stava emergendo
non solo con una serie pressante di richieste di
libertà,cui da parte del principato si tentava di
corrispondere con larghe concessioni nel campo
della libertà di espressione di pensiero ed ispecie
di libertà di stampa,e con l'istituzione di un
ministero dell'istruzione e della cultura,chiamato
in qualche modo a fronteggiare l'impegno di
un'intesa con le ideologie montanti,onde attutirne
l'impeto e assorbirne per quanto fosse possibile
la carica polemica;ma veniva fuori anche con la
tendenza,quanto mai pericolosa per l'amministrazione
leopoldina,a costituire un fronte armato,istituito da
ufficiali piemontesi,incline a trasferire la lotta
locale nel più vasto contesto di una lotta generale
italiana contro la potenza dominante dell'Austria
imperiale. La concessione della Costituzione
da parte del granducato non fu dunque un semplice
allineamento sulle aperture già praticate nello
Stato Pontificio,nel Regno di Piemonte e nel
Regno di Napoli,ma anche e sopratutto il
tentativo estremo di svuotare,se non proprio
di vanificare, l'iniziativa rivoluzionaria.
Ma questa,come si è detto,puntava ormai
decisamente sul binomio indispensabile
libertà-guerra,libertà civile e democrazia
e guerra contro l'Austria. La Toscana,
come non pochi altri Stati italiani,fu come
travolta in questa spirale ascendente di un
movimento popolare e rivoluzionario.
Tanto è vero che il granducato,dopo il
febbraio della Costituzione,conobbe il
marzo dell'entrata in guerra al fianco del
Piemonte contro il fronte reazionario e della
legalità autoritaria e dell'oppressione rappresentato
appunto dalla figura dell'imperiale Austria degli
Asburgo. E' vero che l'estate del 1848 portò
all'insuccesso del fronte liberale (nella battaglia
di Custoza,di fine luglio),ma è anche vero che
la pressione rivoluzionaria rappresentata dalla
formula popolare repubblicana continuò ancora
con forza,tanto da provocare una serie di violenti
disordini in tutta la regione,e principalmente a
Firenze e a Livorno. Ancora una volta il granducato
cercò di padroneggiare la situazione,innanzitutto
proclamando la propria fedeltà all'alleanza col
Regno di Sardegna,e poi cercando di varare
una formula di governo,conservatore ma
illuminato,con a capo il venerando e certo
autorevole marchese Gino Capponi,onde
fronteggiare quel tipo di governo di natura
popolare che trovava nella guida repubblicana
del Guerrazzi e del Montanelli la sua rumorosa
e intransigente figura di punta. Ma come nel
precedente giugno l'apertura delle Camere
non riuscì a frenare l'impeto delle correnti
radicali,così nella tarda estate dello stesso anno
i provvedimenti adottati dal governo per
prevenire e contenere il deflagare delle
inevitabili agitazioni nelle varie città
della regione (ancora una volta in evidenza
Firenze e Livorno),opera della pressione
e della suggestione estremista,non ebbero
modo di raddrizzare e di far rientrare nella
legalità il moto rivoluzionario,ormai
debordante e pericolosamente incline alla
rivolta diretta contro il potere costituito.
   

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