Curiosità gastronomiche dell'Islanda. Cultura.
Curiosità gastronomiche dell'Islanda. Cultura.
La fortuna dell'Islanda è stata
proprio la scoperta dell'acqua calda. Infatti, senza il getto
potente e fumante delle centinaia di geyser che costellano il suo
territorio vulcanico e il cui calore viene sfruttato per l'industria
e l'agricoltura, non sarebbe stato possibile, in quest'isola a poca
distanza dall'Artide, coltivare nelle serre quel minimo di vegetali
che oggi permettono agli abitanti di portare a tavola alcune qualità
di frutta e verdura davvero fresche (quelle importate, sebbene
viaggino in aereo, sono pur sempre “datate”). Comunque, se la
terra è avara, il mare è generoso. A piene reti si pescano
salmerini, rombi, razze, pesci gatto, halibut (un nostro maxi rombo),
naturalmente merluzzi e, i suoi parenti stretti, eglefini. E poi,
durante l'estate, sulle coste del Sud dove arriva la corrente calda
del Golfo, trote, salmoni, gamberoni, gamberetti e aragoste. Il
tutto, è logico, preparato all'islandese: tanto, per fare un
esempio, l'eglefino seccato, tagliato a strisce sottili e servito con
il burro, è uno degli antipasti più diffusi ed è anche lo spuntino
più gettonato per chi voglia placare un improvviso languore. Per un
pasto normale, grandi porzioni di pesce e verdure di serra e non
(patate, pomodori, cetrioli, cavolfiori, carote, piselli) al forno,
lessati al vapore insaporiti con vari tipi di salse e poi le
onnipresenti polpette di pesce.
Lo squalo è servito.
Sempre restando sul pesce, almeno per
una volta si può andare sullo “strano” e fare l'esperienza di
alcuni assaggi a casa nostra alquanto improbabili: cotoletta di
squalo, bistecca di balena, maxi cozze bollite. Cominciamo dallo
squalo: coloro che l'hanno provato sono d'accordo nel definire
gradevole il gusto della sua carne dal sapore intenso che, a molti
italiani, pare ricordi quello del formaggio. Ben diverso è
l'hàkarl, lo squalo trattato
all'uso vichingo che ha uno sconcertante sapore ammoniacale: secondo
l'antica ricetta, infatti, la carne lasciata sotto uno strato di
sabbia e ghiaia da tre a sei mesi sviluppa un sentore così acuto di
ammoniaca che, oggi, è sempre più rifiutato anche dagli stessi
islandesi abituati a mangiarlo con l'aiuto di una mistura distillata
dalle patate e aromatizzata al cumino che si chiama brennivìn,
letteralmente “vino bruciato”!
Senz'altro meno impegnativa è la bistecca di balena (la pesca di
tali mammiferi consentita fino al 1987 è stata limitata a un certo
numero di capi) cotta in tegame con gli stessi succhi rilasciati
dalla carne, mentre sulle maxi cozze bollite c'è solo da precisare
che sono grandi quattro cinque volte le nostre. Comunque, per
ritrovare un sapore conosciuto, c'è sempre il salmone fresco o
affumicato. Ma chi volesse provarlo all'islandese ordini il salmone
crudo marinato all'aneto tritato con la sua audace salsa di senape,
panna e miele.
Dal lungo pranzo di Natale.
Rjùpa, hangikjòt e flatkaka:
ovvero pernice bianca, cosciotto
d'agnello affumicato e piadina di segale abbrustolita. Questi i
piatti classici cui si aggiunge come bevanda la jòlaòl,
detta anche “birra di Natale”,
il cui sapore pare assomigli a quello dei dadi da brodo e la cui
vendita è limitata soltanto a questi giorni di festa. Il Natale,
definito dagli islandesi la “festa del mangiare”, ha come segnale
d'apertura la preparazione della grande razza bollita che arriva a
tavola la sera del 23 dicembre: da qui per dieci giorni è un
susseguirsi di luculliani pranzi e relative cene, che terminano quasi
sempre con un dolce budino di riso alle uvette.
Alle feste campestri.
Dall'inizio
di febbraio e per venti giorni circa si susseguono invece le
cerimonie e i riti di innumerevoli feste campestri celebrate con
grande allegria e relative tavolate dove si allineano i piatti della
tradizione vichinga del X e Xi secolo: carni salate, carni in
salamoia, sanguinaccio di montone e testicoli di agnello bolliti in
salsa di siero di latte, testina di pecora completa di lingua e
occhi. Chi, per ovvi motivi, non se la sentisse di affrontare
un'esperienza del genere potrebbe ripiegare sul cosiddetto
sviòasulta, o
“formaggio di testa”, ottenuto pressando i panetti di gelatina i
filetti di carne ricavati dalla suddetta testina e conservati in una
salamoia di siero di latte. Stravaganze a parte, in qualsiasi
ristorante il viaggiatore trova del semplice agnello arrosto sempre
tenerissimo con relativo contorno di patate.
“Olio” a colazione.
Olio di fegato di
merluzzo a colazione? Sì, al mattino, un bel cucchiaio della densa
mistura bianca prima di passare ai consueti burro, yogurt, formaggio
e caffè. L'amore degli islandesi per l'olio di fegato di merluzzo è
di vecchia data e, da sempre, anche ai bambini appena nati si
somministra l'energetica pozione perché crescano sani e vigorosi; lo
stesso vale per gli anziani che vogliano salvarsi dagli acciacchi
dell'età. Nessuna meraviglia dunque se negli alberghi, sui buffet
della prima colazione, c'è sempre bene in vista una bella bottiglia
del famigerato olio. Ma il latte non manca e quello islandese è
squisitamente cremoso e denso come la nostra panna. In Islanda la
popolazione è abituata inoltre a fare merenda: a metà pomeriggio,
tra biscotti fatti in casa, succhi di frutta, latte e ripetute tazze
di caffè (chi ne ordina una prima tazza berrà la seconda gratis) ci
si prepara al calar della sera da queste parti chiara come il giorno.
Commenti
Posta un commento
Ciao a tutti voi, sono a chiedervi se avete preferenze per Post di vostro interesse
in modo da dare a tutti voi che mi seguite un aiuto maggiore, grazie per la vostra disponibilità.