Giuseppe Garibaldi. Storia Risorgimentale.





Giuseppe Garibaldi. Storia Risorgimentale.

GARIBALDI:un nome caro agli italiani e un nome famoso in tutto il mondo. Una straordinaria
figura di condottiero,le cui gesta hanno del leggendario. Se fosse vissuto al tempo di Omero,
questi lo avrebbe certamente fatto protagonista di un suo poema. Due furono gli ideali che
diressero tutta la vita di Garibaldi e a cui egli ispirò ogni sua azione:l'amor di patria e la
libertà dei popoli. Per difendere quest'ultima egli non esitò a combattere ovunque fosse
necessario:persino in America. “Eroe dei due Mondi” lo hanno chiamato i posteri;ed è il
miglior titolo che si potesse dare a questo condottiero che con le sue imprese militari riuscì
a strabiliare gli uomini di due continenti.

La passione per il mare.

Giuseppe Garibaldi nacque a Nizza il 4 luglio 1807,quando questa bella città sul Mar Ligure era
ancora italiana. Suo padre,abile capitano di piccolo cabotaggio,fu il suo primo maestro. Una
delle doti che Garibaldi mostrò fin da bambino fu il coraggio. A 8 anni non esitò a tuffarsi nelle
acque di un fiume per salvare una donna. A 13 anni,da solo,trasse in salvo una comitiva di
ragazzi più grandi di lui che era caduta in acqua da una barca. Una sola era la grande passione del
piccolo Garibaldi;divenire al più presto marinaio. Finalmente,nell'autunno del 1825 il diciottenne
Garibaldi ottenne dal padre il permesso d'imbarcarsi come mozzo su una nave in partenza per
Odessa. Da allora,fu un susseguirsi continuo di viaggi. Poi,ecco il momento tanto desiderato:
ottenuto il grado di “ufficiale marittimo”,il giovane nizzardo poté avere il comando di una nave
(il brigantino “Nostra Signora delle Grazie”). Era il 1832:Garibaldi aveva soltanto 25 anni.

Si iscrive alla “Giovane Italia”.

Il viaggio che Garibaldi fece in Russia nella primavera del 1833 decise tutto il suo avvenire. Laggiù,
e precisamente nella cittadina di Taganrog (Ucraina),egli si incontrò con alcuni esuli italiani,
iscritti alla “Giovane Italia”. Venuto a conoscenza del piano d'azione dei patrioti,giurò che
avrebbe impegnato tutto se stesso per la libertà d'Italia. Di ritorno dal viaggio,volò subito a
Marsiglia per chiedere allo stesso Mazzini l'iscrizione alla “Giovane Italia”. Fu tale la fiducia
che inspirò in lui,che Mazzini gli affidò una missione di grande responsabilità e importanza:
Garibaldi doveva infatti suscitare una sollevazione a Genova non appena i patrioti avessero
invaso la Savoia. Ma il moto rivoluzionario,che doveva scoppiare nel febbraio 1834,fallì:Garibaldi
fece appena in tempo a sfuggire dalla polizia. Tornato miracolosamente a Marsiglia,egli seppe che
il governo sardo (Genova e la Savoia facevano parte del Regno di Sardegna) l'aveva condannato a
morte. Cominciava allora per Garibaldi la triste vita di esule.

In America.

Nel dicembre del 1835 Garibaldi sbarcò a Rio de Janeiro,dove vivevano in esilio molti patrioti
italiani. Quando seppe che la Repubblica di Rio Grande del Sud era insorta contro il governo di
Rio de Janeiro che la teneva oppressa,Garibaldi decise di accorrere in suo aiuto. Ed eccolo
iniziare una guerra corsara contro la potente flotta brasiliana. La Repubblica di Rio Grande mise
a sua disposizione soltanto un vecchio veliero,un equipaggio di 12 uomini e pochi fucili. Solo
un uomo coraggioso come Garibaldi poteva gettarsi in un'impresa simile. Nei 5 anni nei quali
rimase in servizio della Repubblica americana (dal 1836 al 1841) compì prodigi di valore.
Le ferite,la prigionia e le torture (il governatore di Gualeguay lo fece frustare a sangue) non
riuscirono a domare Garibaldi. Riottenuta la libertà,egli riprese a combattere con un coraggio
ancora più grande. Proprio in quegli anni di guerra (verso la metà del 1839) Garibaldi conobbe
Anita Riberas,una giovane donna brasiliana che nel 1842 divenne la sua compagna.

Capo della flotta Uruguayana.

La Repubblica di Rio Grande non ebbe fortuna:dopo 5 anni di lotta il suo esercito fu duramente
sconfitto. Garibaldi riparò allora a Montevideo,capitale dell'Uruguay,dove,nel 1842,quando scoppiò
la guerra tra l'Argentina e l'Uruguay,egli non esitò a portarsi al servizio di quest'ultimo. Si
trattava ancora di difendere la libertà di un popolo. Il governo uruguayano gli affidò il comando
della flotta. Sul fiume Paranà avvenne il primo scontro con la potente flotta argentina al comando
dell'ammiraglio inglese Brown. Dopo un furioso combattimento,le navi comandate da Garibaldi
si trovarono arenate nel fiume e senza munizioni. Ma egli riuscì a mettere in salvo l'equipaggio
e ad incendiare tutte le navi per non farle cadere nelle mani del nemico. L'ammiraglio Brown,
a guerra finita,volle esprimere a Garibaldi la sua ammirazione.

Un'eroica battaglia.

In attesa della ricostruzione della flotta,Garibaldi non rimase inattivo:si diede ad organizzare una
“legione” di volontari,che venne chiamata “Legione italiana” perché costituita quasi completamente
da patrioti esuli dell'Italia. Ai legionari Garibaldi volle dare anche una divisa:la famosa camicia
rossa,che da allora fu sempre indossata dai suoi soldati. L'azione di guerra che coprì di gloria
Garibaldi e i suoi eroici soldati fu la battaglia di Sant'Antonio (località sul fiume omonimo). Lo
scontro si svolse l' 8 febbraio del 1846:186 legionari garibaldini respinsero oltre un migliaio di
soldati argentini. Dopo tale battaglia,il governo uruguayano diede a Garibaldi la promozione
a “comandante supremo delle milizie di Montevideo” e gli assegnò un premio in denaro.
Garibaldi rifiutò la promozione e diede la metà del premio alla vedova di un legionario che non
era in buone condizioni economiche.

Accorre in Italia.

La fama e gli onori conquistati in America non fecero dimenticare a Garibaldi la patria. Nel 1848,
non appena seppe che il re Carlo Alberto aveva dichiarato guerra all'Austria,si imbarcò alla
volta dell'Italia,pronto a combattere per la libertà della sua terra. Il 23 giugno,dopo oltre 2 mesi
di navigazione,toccò il porto di Nizza,da dove ripartì per la Lombardia. A Milano,dove giunse
nei primi giorni di luglio,Garibaldi fu accolto dal popolo con un entusiasmo indescrivibile e gli
venne assegnato il comando del corpo di volontari che si andava costituendo in Lombardia.
Nella notte tra il 30 e il 31 luglio i volontari garibaldini (circa 3000) si misero in marcia verso
Bergamo:si erano propositi di ostacolare l'avanzata delle truppe austriache nella Pianura Padana
(l'esercito di Carlo Alberto fu battuto il 24 luglio a Custoza mentre stava ripiegando su Milano).
Ma mentre Garibaldi e i suoi uomini stavano conseguendo alcuni successi,giunse la notizia che
la guerra era finita. Carlo Alberto,nuovamente battuto nel tentativo di difendere Milano,aveva
chiesto l'armistizio. A Garibaldi la richiesta dell'armistizio parve un atto di viltà:decise quindi
di continuare con i suoi fidi la guerra contro l'Austria. Per oltre 20 giorni,con un'abilità che lasciò
sbalordito lo stesso nemico,fece fronte ai ripetuti attacchi delle truppe austriache. Poi,considerata
inutile ogni resistenza,sciolse il corpo dei volontari e raggiunse a Nizza la famiglia.

Eroico difensore della Repubblica Romana.

A Nizza Garibaldi rimase ben poco. Le insurrezioni scoppiate in varie città d'Italia lo decisero a
riprendere la lotta. Ed eccolo darsi da fare per costituire un nuovo corpo di volontari. Il momento
di agire non si fece attendere molto:nel febbraio del 1849 Garibaldi e i suoi volontari vennero
chiamati a Roma,dove era stata proclamata la “Repubblica Romana”. Si trattava di difenderla
dagli attacchi delle truppe borboniche,austriache,spagnole e francesi. Il primo scontro avvenne con
i Francesi,il 30 aprile 1849. Quel giorno i garibaldini meravigliarono tutta l'Europa:grazie al loro
eroismo,le truppe francesi furono sbaragliate. Un nuovo,strepitoso successo si ripeté nei primi
giorni di maggio:a Palestrina e a Velletri i volontari di Garibaldi sconfissero i soldati dell'esercito
borbonico. Ma l'eroismo dei garibaldini (a Velletri Garibaldi per molto poco non perdette la vita)
non valse a salvare la Repubblica Romana:nel luglio 1849 essa fu costretta ad arrendersi alle
truppe nemiche.

Riprende la via dell'esilio.

“Soldati,ciò che io offro a quanti vogliono seguirmi eccolo:fame,freddo,marce forzate,guerra e
morte. Chi ama la patria mi segua!”. Ecco le parole che Garibaldi rivolse ai suoi legionari il 2
luglio 1849,il giorno prima che la Repubblica Romana cadesse. Tremila uomini decisero di
seguirlo. Lo volle seguire anche la moglie Anita. Con essi Garibaldi uscì da Roma,con il
generoso proposito di correre i aiuto ai Veneziani che ancora resistevano contro gli Austriaci.
Impresa rischiosa,disperata:i soldati di ben 4 eserciti (quelli che avevano abbattuto la Repubblica
Romana) si erano posti all'inseguimento di Garibaldi con l'ordine di catturarlo vivo o morto.
Nei pressi della Pineta di Ravenna,Anita,stremata dalle fatiche e assalita da una violentissima
febbre,cessò di vivere. Garibaldi ebbe appena il tempo di vederla morire e di raccomandare ad
alcuni amici di darle sepoltura. Fu poi di nuovo in fuga. Ed ecco le tappe principali:Ravenna,
Forlì,Passo della Futa,Prato,Follonica e di là,in barca,a Portovenere,in Liguria,allora
appartenente al Regno di Sardegna. Ma anche qui non si sentì al sicuro. Allora si vide costretto a
riprendere la via dell'esilio:fu in Africa,in Spagna,in Inghilterra e infine nell'America del Nord.

Generale dell'esercito sardo.

A Nuova York,dove giunse nella primavera del 1850,Garibaldi cominciò a guadagnarsi la vita
lavorando nella fabbrica di candele di un esule italiano:Antonio Meucci,l'inventore del telefono.
Uomo d'azione qual'era,non poté però sopportare a lungo una vita così tranquilla. Il suo unico
desiderio era quello di rendersi utile alla patria. Decise allora di tornare in Italia. Nel 1854
Garibaldi sbarcò a Genova,ma si stabilì nell'isoletta di Caprera (a nord della Sardegna),che
da quell'anno divenne la sua dimora preferita. La guerra contro l'Austria scoppiò nell'aprile del
1859,e questa volta egli poté giungere in tempo. Ottenne il grado di maggior generale dell'esercito
sardo e il comando di un numeroso corpo di volontari,i “Cacciatori delle Alpi”. In poche
settimane,Garibaldi e i suoi occuparono Como,Varese,Bergamo e Brescia. Ma proprio mentre
stavano per entrare nel Trentino,giunse l'ordine di sospendere le operazioni militari:Napoleone III
aveva firmato l'armistizio con l'Imperatore d'Austria. Ancora una volta Garibaldi veniva fermato
mentre la sua azione era decisamente vittoriosa.

Un'impresa leggendaria.

Il 4 aprile 1860 i mazziniani fecero scoppiare in Sicilia una violenta insurrezione contro il
governo borbonico. A Palermo il moto rivoluzionario venne represso,ma gli insorti non cedettero e
iniziarono una serrata guerriglia nella campagne dell'isola. I patrioti siciliani chiesero l'intervento
di Garibaldi,che non si fece attendere:in un baleno raccolse 1000 volontari e con essi salpò da
Quarto alla volta della Sicilia. L'impresa dei Mille ha veramente del leggendario. In soli 4 mesi
essi riuscirono a liberare dai Borboni tutta l'Italia meridionale. Dopo questa strepitosa impresa,
il grande Condottiero dei Mille non volle accettare alcuna onorificenza e si ritirò nella sua
prediletta Caprera.

Tentativi per unificare l'Italia.

Nel 1861 era stato proclamato il Regno d'Italia,ma l'unificazione italiana non poteva dirsi ancora
completa:mancavano il Veneto,il Trentino e Roma. Garibaldi decise allora di agire. Nel 1862
si diede ad organizzare il corpo dei volontari per invadere di sorpresa il Trentino. Ma Vittorio
Emanuele II,temendo di non poter far fronte in quel momento all'esercito austriaco,fu costretto a
farlo desistere dall'impresa. Garibaldi non si dette pace. Si trasferì in Sicilia,e lì si diede ad
arruolare volontari per lanciarsi alla conquista di Roma. Nell'agosto del 1862 passò lo stretto di
Messina per iniziare la marcia verso Roma. Ma il Governo italiano,non ritenendo ancora
opportuna quell'impresa,fu costretto a mandargli incontro delle truppe per sbarragli la strada.
Il 29 agosto,sulle strade d'Aspromonte,i soldati del re si trovarono di fronte ai garibaldini.
Garibaldi,ferito al piede destro,fu fatto prigioniero. Nel 1866,quando scoppiò la terza guerra
per l'indipendenza,Garibaldi,dimenticando i fatti d'Aspromonte,offrì il suo aiuto. Formidabile
come sempre,portò i suoi uomini di successo in successo. Ma era destino che le avanzate dei
garibaldini venissero interrotte nel momento più importante. Infatti,proprio mentre fu aperta la
via per Trento,a Garibaldi giunse l'ordine di retrocedere. La guerra era finita. L'anno dopo,
Garibaldi volle tentare nuovamente la conquista di Roma. Una prima volta fu fermato dal
Governo italiano:venne arrestato e condotto a Caprera. Ma alcuni giorni dopo,Garibaldi riuscì a
raggiungere il territorio pontificio. Tuttavia il tentativo di conquistare Roma non ebbe successo:
sopraffatti dalle numerose truppe francesi,che erano accorse in aiuto di quelle pontificie,i
volontari garibaldini furono costretti ancora una volta a rinunciare all'impresa. Arrestato,
Garibaldi fu condotto nella fortezza di Varignano e da qui imbarcato di nuovo per Caprera.

Deputato all'assemblea nazionale francese.

Nell'estate del 1870 scoppiò una guerra tra due delle maggiori potenze europee d'allora:la Prussia e
la Francia. Quest'ultima ebbe ben presto la peggio:le truppe prussiane giunsero fino alle porte di
Parigi. Garibaldi decise di correre in auto dei Francesi,impegnati a difendere la loro libertà.
E anche contro il potente esercito prussiano riuscì a far valere la sua abilità di condottiero.
Presso Digione,inflisse al nemico una dura sconfitta (è il 23 gennaio 1871). Fu l'unica vittoria
dalla parte francese durante il conflitto. Alla fine della guerra,i Francesi,in segno di riconoscenza,
elessero Giuseppe Garibaldi deputato All'Assemblea Nazionale.

Gli ultimi anni.

Le gesta in territorio francese furono l'ultima impresa militare del grande condottiero nizzardo.
Ormai vecchio (aveva 64 anni) e malfermo in salute (soffriva d'artrite),egli si ritirò a Caprera
con la famiglia. Trascorse gli ultimi anni scrivendo le sue Memorie e altre opere di carattere
storico. Nel 1882 si recò in Sicilia:volle rivedere i luoghi dove si erano svolte le gesta ormai
diventate leggendarie della spedizione dei Mille. Fu il suo ultimo viaggio:il 2 giugno dello stesso

anno Giuseppe Garibaldi,l'eroe dei due mondi,si spense a Caprera.
  

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