Priamo.

Essendo un grandissimo appassionato di storia, vi voglio mostrare alcuni scritti su la storia di un tempo legato alla mitologia greca, e cioè all'Eneide, spero di non annoiarvi ma trovo alcuni passaggi del sommo poeta veramente meravigliosi.

Priamo.


Non ci sono molte fonti che si riferiscano alle attività di Priamo prima della seconda Guerra di Troia; si sa (Omero, Iliade III, 84) che il re aveva un rispettabile passato militare, accumulato nelle campagne dei Frigi contro le Amazzoni (divenute sue alleate dopo la sconfitta) e vediamo che è un esperto guidatore di carri (attività decisamente bellica all'epoca) quando si presenta, unica volta in tutta l'Iliade sul campo di battaglia per giurare i patti del duello fra Paride e Menelao.


Matrimoni.


Priamo si sposò tre volte ed ebbe numerose concubine; la prima moglie fu Arisbe da cui ebbe un figlio, Esaco, che secondo la maggior parte degli autori morì prima dell'inizio della seconda guerra di Troia. Priamo in seguito divorziò da lei in favore di Ecabe (o Ecuba), figlia del re della Frigia Dimante (o, come dicono alcune fonti, del sovrano trace Cisseo) da cui ebbe Ettore, l'eroe dell'Iliade ed erede al trono, Paride, il bellissimo giovane causa della seconda guerra di Troia, Deifobo, Eleno, noto indovino, Pammone, Polite, Antifo, Hipponoo, il primo Polidoro, Troilo, ucciso giovanissimo da Achille in un agguato, Creusa, moglie di Enea, Iliona, Laodice, Polissena, e Cassandra, amata da Apollo e punita per il suo rifiuto con il dono della profezia destinata a non essere mai creduta (per diversi autori era gemella di Eleno). Tra le figlie di Priamo ed Ecuba secondo alcuni vi è Ilia sposa di Idamante re di Creta. Priamo elevò al rango di regina anche Laotoe, figlia del sovrano dei Lelegi, da lui sposata senza però ripudiare Ecuba; ella gli diede due maschi, Licaone e il secondo Polidoro, che fu il suo ultimogenito. Il re generò molti altri figli da varie concubine o schiave (i più noti di essi sono Democoonte, Gorgitione, Cebrione, Mestore e Medesicaste). Secondo la versione più diffusa il numero totale dei suoi figli arriverebbe al numero tondo di cinquanta: altre fonti parlano di cinquanta figli e cinquanta figlie. Prima della caduta di Troia il re aveva perso in dieci anni di guerra quasi tutti i suoi figli maschi: in particolare, Licaone subì il disonore della mancata sepoltura, essendo finito il suo corpo nelle acque del fiume Scamandro.

La morte.
La fine di Priamo, non narrata nei poemi omerici, ci è nota da altri scrittori, soprattutto da Virgilio nel II canto dell'Eneide e da Euripide nella tragedia Le troiane. Quando i Greci penetrano infine nella città egli riveste la sua vecchia armatura e vorrebbe cercare la morte nella mischia, ma la moglie Ecuba in lacrime lo convince a rifugiarsi con le donne sull'altare di Zeus Erceo. Così deve assistere allo spettacolo della morte del figlio Polite, inseguito da Pirro Neottolemo fin sui gradini dell'altare. Priamo in preda alla furia gli fionda con estrema potenza l'asta: nel poema virgiliano il colpo va decisamente a vuoto, mentre altri dicono che l'arma ferisce lievemente a un braccio Pirro, dopo essere passata per il suo scudo. In ogni caso Neottolemo afferra il re troiano e gli conficca la spada in un fianco, causandone la morte. Virgilio poi accenna a una successiva decapitazione del cadavere, senza però fare il nome dell'esecutore.


Neottolemo uccide Priamo percuotendolo a morte col cadavere di Astianatte. Dettaglio da un'anfora attica a figure nere, VI secolo a.C., da Vulci, Museo del Louvre [ Francia]

 "Ed ecco, scampato alla strage di Pirro, Polite,
uno dei figli di Priamo, tra i dardi, tra i nemici
fugge per i lunghi portici, e percorre gli atrii deserti,
ferito: impetuoso lo insegue Pirro con colpi minacciosi
e già lo afferra con la mano e lo preme con l'asta:
come infine giunse davanti allo sguardo dei genitori,
cadde, ed effuse con molto sángue la vita.
Allora Priamo, sebbene già nella stretta della morte,
tuttavia non si contenne, e non risparmiò la voce e l'ira:
"Per tale delitto e prodezza", esclama, "gli dei,
se v'è nel cielo pietà che di questo si curi,
ripaghino degne grazie e rendano i premi
dovuti a te, che m'hai costretto ad assistere
alla morte del figlio, profanando con l'eccidio il volto paterno.
Ma non quell'Achille, del quale ti menti progenie,
si comportò così con il nemico Priamo; ma ebbe riguardo
ai diritti e alla fede del supplice, e rese il corpo esangue
di Ettore al sepolcro, e me rinviò nel mio regno".
Così parlò il vecchio e vibrò priva di slancio
l'innocua lancia che rimbalzò dal fioco bronzo
e pendette inutile dal sommo della borchia dello scudo.
A lui Pirro: "Dunque riferirai questo
ed andrai messaggero al genitore Pelìde; ricòrdati
di narrargli le mie atrocità, e che Neottolemo traligna.
Adesso muori." E dicendo così lo trascina tremante
agli altari, e sdrucciolante nel molto sangue del figlio,
gli afferra la chioma con la sinistra, con la destra solleva
la spada corrusca e gliela immerge tutta nel fianco.
Così si concluse il destino di Priamo, questa morte fatale
lo rapì mentre vedeva Troia in fiamme e Pergamo
crollata, egli un tempo superbo sovrano di tanti
popoli e terre d'Asia. Giace grande sul lido un tronco,
il capo spiccato dal busto, e un corpo senza nome "

(Virgilio, Eneide, libro II, traduzione di Luca Canali)

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