Sovrani e burocrati dell'Illuminismo.


Sovrani e burocrati dell'Illuminismo.

Protagonisti di questo periodo furono innanzitutto i sovrani: Maria Teresa (1740-1780) e Giuseppe II (1765-1790) in Austria, Federico II (1740-1786) in Prussia, Caterina II (1762-1796) in Russia;
in Italia Carlo III (1734-1759) nel Regno di Napoli e Pietro Leopoldo (1765-1790) in Toscana. E accanto ai principi, gli illuministi che furono di volta in volta consiglieri, collaboratori e critici del loro operato. Né va dimenticato quel ceto di “burocrati e funzionari illuminati” che si sviluppò insieme alle riforme e costituì il tessuto connettivo indispensabile alla loro realizzazione. L'assolutismo illuminato fu costantemente sotto il controllo del mondo intellettuale, di quella che si veniva definendo come “opinione pubblica”; un'èlite ristretta ma cosmopolita, formidabile sostegno
ideologico e propagandistico, che si esprimeva attraverso la stampa con una miriade di libelli e
“pamphlets”.

Il giurisdizionalismo.

Il primo e più deciso intervento riformatore investì, nei paesi cattolici, i poteri della Chiesa e degli ordini religiosi. Fu avviata o in qualche caso accentuata una “politica ecclesiastica” caratterizzata dalla volontà di estendere la giurisdizione e il controllo dello Stato sulla vita e l'organizzazione delle
Chiese nazionali (giurisdizionalismo) e di ridurre quella sorta di struttura giuridica parallela rappresentata dai diritti e privilegi ecclesiastici: diritti come quello “d'asilo”, che riconosceva l'immunità a quanti si rifugiavano nei luoghi di culto; o privilegi come quello che riservava ai soli
“tribunali ecclesiastici” di giudicare anche reati comuni, come il furto e l'omicidio, quando fossero imputati a religiosi. Vennero messi in discussione la legittimità del tribunale dell'Inquisizione e il
monopolio religioso dell'istruzione. Ragione e tolleranza scendevano in campo contro l'oscurantismo della Chiesa e in questa battaglia l'Illuminismo profuse il massimo del suo impegno
ideologico e culturale.

Contro il parassitismo degli ordini religiosi.

Tra gli argomenti che alimentavano la polemica contro la Chiesa, ve ne erano alcuni che potremmo chiamare di <<pubblica utilità>>: i conventi e la vita monastica apparivano espressioni di “parassitismo”, le cospicue proprietà terriere della Chiesa, difese dai vincoli di “manomorta” (che ne impedivano la vendita), erano ormai un ingiustificato ostacolo a quella circolazione dei beni e delle ricchezze che era ritenuta un potente stimolo al benessere dei popoli. E alle nuove voci degli illuministi facevano eco le vecchie, ma ancora diffuse polemiche dei giansenisti contro la mondanità della Chiesa. Rafforzamento dello Stato, battaglia di principi, interessi economici fecero della politica ecclesiastica dell'assolutismo illuminato una tappa importante nella modernizzazione
della società e della mentalità. Fu una <<rivoluzione dall'alto>> che coinvolse essenzialmente gli
strati superiori della società, ma suscitò, in genere, l'ostilità dei ceti popolari, soprattutto contadini,
legati ai valori tradizionali.

La cacciata dei gesuiti.

Il risultato più appariscente e significativo della lotta agli ordini religiosi fu “l'espulsione della Compagnia di Gesù” da molti paesi europei (Portogallo 1759, Francia 1764, Spagna 1767, Napoli 1768,ecc...). Fino allora i gesuiti avevano goduto di grande prestigio ed esercitato una larga influenza sui ceti dirigenti; nei loro collegi si educavano i rampolli della nobiltà e spesso ai gesuiti appartenevano i confessori dei principi. Ma la loro disciplina e la dipendenza da Roma li avevano resi invisi a molti. Soprattutto, i gesuiti erano in grado di mobilitare abilmente un fronte ostile a ogni tentativo riformatore e di tutelare i loro privilegi. All'espulsione seguiva l'incameramento dei beni da parte dello Stato. La dilagante polemica anti-gesuita e la pressione dei sovrani costrinsero nel 1773 il papa Clemente XIV a “sopprimere la Compagnia di Gesù” (che sarà tuttavia restaurata
nel 1814).


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