La diffusione della Massoneria.


La diffusione della Massoneria.

Si è accennato alla circolazione internazionale delle idee e delle opere come uno degli elementi caratterizzanti questo periodo. E grande importanza ebbero le estese trame dei contatti epistolari e l'aumentato numero dei periodici e dei giornali. Ma uno dei maggiori centri propulsivi delle nuove idee e dei programmi riformatori fu la massoneria. Setta segreta nata in Inghilterra sulla base dei riti e delle tradizioni delle antiche corporazioni di liberi muratori (free-masons), la massoneria accolse al suo interno nobili, borghesi e intellettuali accomunati dalla battaglia per la tolleranza, dalla lotta al fanatismo e all'oscurantismo religioso, in nome della filantropia, della fratellanza universale e della certezza sull'efficacia dei Lumi. Si diffuse tra gli anni '20 e'30 del '700 in tutta
Europa (e si distinsero diversi riti o obbedienze. Inglese, scozzese, francese) e fu talora legata alle curiosità e alle mode, che ne indebolirono forse il messaggio ma contribuirono ad accrescerne le
adesioni. Le èlites riformatrici poterono così disporre di un formidabile strumento di pressione nutrito dal fascino della segretezza.

L'assolutismo illuminato.

Il riformismo.

Il discorso sull'Illuminismo non può esaurirsi in una analisi del rinnovamento culturale e ideologico.
All'interno del movimento illuminista è possibile infatti individuare gli elementi di un disegno riformatore che mirava alla modernizzazione dello Stato e al raggiungimento della «felicità pubblica«. La traduzione pratica di questi elementi di riforma rappresentò il tratto più significativo
della politica interna di molti paesi europei nella seconda metà del secolo XVIII.

Il conflitto con i ceti privilegiati.

Nonostante gli aspetti di novità, la politica riformatrice si inseriva nel lungo processo di formazione dello Stato moderno che aveva preso le mosse alla fine del XV secolo. La lentezza e le difficoltà con cui si erano venuti definendo i poteri e le competenze dello Stato derivavano fra l'altro da un dualismo e da una contraddizione di fondo che caratterizzavano i nuovi organismi politici.
La dinamica evolutiva dello Stato, infatti, se per un verso si fondava sul sostegno dei “ceti” (o ordini) e delle loro assemblee, per un altro teneva viva un'accesa conflittualità tra le rappresentanze dei ceti e il principe assoluto. Mentre in Francia questa conflittualità si era mostrata compiutamente
già durante il governo di “Richelieu” e aveva raggiunto l'apice con le guerre della Fronda a metà '600, alle quali era seguito lo sviluppo incontrastato della monarchia assoluta, altrove questo itinerario era tutt'altro che compiuto. Le altre monarchie assolute avvertirono, quindi, l'esigenza di
introdurre maggiore efficienza e razionalità nell'amministrazione e di allargare i poteri dello Stato.
Un'esigenza che le portava inevitabilmente a scontrarsi con quel sistema di privilegi, fiscali e giuridici innanzitutto, di cui godevano la nobiltà e il clero: un insieme di diritti e una struttura di potere che costituivano il fondamento del consenso alla monarchia da parte dei ceti dirigenti tradizionali, ma anche un limite essenziale allo sviluppo della società civile e dell'economia.
Gran parte della storia politico-istituzionale del '700 ruota attorno all'asse “rafforzamento dello Stato-riduzione e ridefinizione dei privilegi”. In questo quadro va valutata la felice congiunzione
creatasi tra iniziativa dei sovrani e programmi riformatori degli illuministi. Una breve stagione, collocata tra gli anni '50 e '80, comunemente definita assolutismo (o dispotismo ) illuminato.

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