L'Italia nel periodo fascista. Storia.






L'Italia nel periodo fascista. Storia.

Il dopoguerra agitato.

Nel 1919, al termine della guerra, l'Italia doveva affrontare problemi seri e
urgenti: il caro-vita, la disoccupazione, la miseria. A tutto ciò si aggiungeva
il malcontento dei più poveri che, costretti a una guerra non voluta, non
vedevano neppure mantenute le promesse di miglioramenti, mentre vedevano
arricchita una parte della borghesia, grazie ai proventi della industria bellica.
La conseguenza fu una tensione così profonda da sfociare ben presto in scioperi,
agitazioni, tumulti con morti e feriti. L'esasperazione portava a rifiutare qualsiasi
ritardo nella soluzione dei problemi e a minacce di interventi insurrezionali,così
come era avvenuto in Russia con la rivoluzione comunista. Perciò i proletari si
appoggiarono al partito socialista che sembrava ispirarsi ai metodi rivoluzionari.
Questo partito, assieme al partito popolare italiano (fondato da don Luigi Sturzo),
stava soppiantando il partito nazionalista della classe dirigente. Purtroppo all'interno
sia del partito socialista che di quello popolare vi erano divisioni e contrasti profondi
che rendevano più acuta la confusione politica del momento. Questo stato di cose
favorì il sorgere, ad opera di pochi uomini, di un nuovo partito in Italia, il fascismo.

Il sorgere del fascismo.

Il suo fondatore fu Benito Mussolini, figlio di un fabbro del Forlivese; egli nel 1919
aveva 36 anni e si sentiva destinato a grandi cose. Certamente lo nauseavano gli attacchi
antinazionalisti, ma è anche certo che egli era ambizioso, audace, deciso a imporsi senza
tanti scrupoli. Nel 1919 egli fondò a Milano i Fasci di Combattimento con un programma
piuttosto vago: l'unica caratteristica ben definita era l'avversione al socialismo e al
comunismo e l'esattazione dei valori patriotici. Da principio il movimento non ebbe molti
aderenti ma poi tutto lavorò a suo favore: la divisione dei partiti con conseguente sfiducia
e malcontento del proletariato, i disordini, la debolezza del Governo. I fasci si diffusero
rapidamente: alla fine del 1921 ne erano già stati costituiti 2 200, in cui si inquadravano
oltre 300 000 iscritti. Contribuì allo scopo anche la formazione di << squadre d'azione >>
( le << squadracce >>) che effettuavano spedizioni punitive contro cooperative, Camere del
Lavoro, operai in sciopero ecc.. Esse erano appoggiate e spesso anche finanziate dalla
classe più conservatrice e da molti grandi proprietari terrieri, decisi a non cedere alle richieste
dei contadini. Mussolini aveva un temperamento per natura violento, circondato da compagni
pure violenti. Dall'uso della forza non rifuggirono neppure i socialcomunisti, e per questo
in tutta Italia si susseguirono nel '21 e nel '22 tristissimi episodi di sangue, con numerose vittime.

Mussolini al potere.

Nel novembre del 1921 il Congresso fascista, tenutosi a Roma, aveva deciso la trasformazione
del movimento in Partito, con il nome di Partito Nazionale Fascista. L'appellativo << fascista >>
si ispirava ai fasci di verghe portati dai littori (guardie) che scortavano i primi magistrati, come
simbolo di autorità, in Roma antica. Nell'autunno del 1922 l'Italia si trovò alle soglie del caos
e Mussolini capì che era giunto il momento per impadronirsi del potere: Il 28 ottobre le squadre
armate fasciste, convennero a Roma (marcia su Roma) ed ebbero buon gioco con la debolezza
del re, che non seppe fronteggiare autorevolmente la situazione. Giunse anzi ad affidare il
governo a Mussolini: per l'Italia cominciò << l'era fascista >>.

Il concordato.

Nel 1929 la Chiesa e lo Stato posero fine al conflitto, che si trascinava dal 1870. Infatti l'11
febbraio di quell'anno vennero firmati tra la Santa Sede e il Governo italiano i Patti del
Laterano, con i quali la Città del Vaticano fu eretta a piccolo Stato indipendente,mentre i
rapporti fra Stato e Chiesa venivano regolati con una speciale convenzione che venne
chiamata Concordato.

La conquista dell'Etiopia.

Intanto però venne al pettine il << nodo >>della questione etiopica. Da tempo sulle
frontiere fra Eritrea e Somalia da una parte e Abissinia dall'altra si succedevano incidenti
provocati da incursioni di ribelli provenienti dal territorio abissino.
Perciò l'Italia, che desiderava un'espansione coloniale, nel settembre del 1935 presentò
il problema alla Società delle Nazioni, facendo presente che l'Etiopia aveva mancato
agli impegni di buon vicinato, che la popolazione vi era tenuta in condizioni del tutto
incivili e che in essa era ancora praticata la schiavitù. Tutte cose verissime, senonché
avevano troppo l'aria di pretesti per poter dire: << Vedete come vive quel popolo di
selvaggi? Se noi la occuperemo vi porteremo la civiltà! >>.
La Società delle Nazioni, che alla fine della guerra aveva distribuito terre di mezzo
mondo a Francia e Inghilterra, si oppose alle pretese dell'Italia. Mussolini volle agire
a tutti i costi: il 3 ottobre dello stesso anno egli dichiarava guerra all'Etiopia, facendo
varcare il confine dalle nostre forze armate. Gli Etiopici, aiutati da alcune nazioni
europee, si batterono con valore, ma non poterono resistere più di pochi mesi.
Il 5 maggio 1936 il generale Badoglio entrava trionfalmente nella capitale Addis Abeba.
Il 9 maggio Mussolini proclamava l'Impero e il re Vittorio Emanuele III assumeva il
titolo di << imperatore d'Etiopia >>.


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