Arcimboldo.

Mauro Goretti

Arcimboldo.

Arte, sapienza e follia.

Per comprendere Arcimboldo bisogna conoscere un po' il suo tempo. Dal XIII secolo, il sovrano del Sacro romano impero, Federico II, iniziò quella che fu poi definita una vera “ricerca scientifica”. Intellettuale e mecenate, con la sua passione per la matematica, l'astrologia, la filosofia, le medicine e le scienze naturali dette il via a uno stile di corte che fu poi seguito dai suoi
successori, fino a Massimiliano II e Rodolfo II, presso i quali appunto Arcimboldo prestò la sua
opera. Egli nacque a Milano nel 1526, città dove Leonardo da Vinci visse e condusse molte sue ricerche scientifiche e artistiche. Leonardo morì sette anni prima della nascita di Arcimboldo, ma
quest'ultimo potè sicuramente venire a contatto con le idee leonardesche e, con buone probabilità,
proporsi alla corte dell'imperatore come un artista scienziato, partendo dal fulgido esempio leonardesco. Del periodo milanese poco rimane; tra le altre opere possiamo attribuirgli alcuni
disegni per le vetrate del Duomo di Milano, gli affreschi di Monza e l'arazzo per il Duomo di Como.
Anche in un campo naturalistico si hanno di Arcimboldo, sempre risalenti a questo periodo, alcuni
disegni, studi di uccelli, piante e quadrupedi. L'artista venne poi chiamato da Massimiliano II
d'Asburgo alla corte di Vienna e già dal 1563 viene attestata la sua presenza in una lettera che parla
di lui come “Joseph”, pittore del re dei Romani. Fu Rodolfo II, figlio di Massimiliano, che volle
tenere Arcimboldo con sé quale pittore di corte, anche quando questa fu trasferita nella città di Praga. Alla base di quanto oggi conserviamo del periodo lombardo, non è chiaro quali furono le
reali motivazioni che spinsero l'imperatore a chiamare a corte quello che poi si rivelerà uno dei piu
enigmatici pittori dell'epoca. Certo, dev'essere stato grande lo stupore della corte di Vienna alla
presentazione dei primi ritratti di Arcimboldo, composti utilizzando diversi volti “umani”.
C'è chi fa risalire l'idea alla tradizione burlesca, tipica della cultura lombarda, o alle teste grottesche
di Leonardo.




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