Verso un’economia – mondo.

Mauro Goretti

Verso un’economia – mondo.

Nel corso del Cinquecento le grandi scoperte geografiche avevano profondamente mutato i vecchi assetti del traffico commerciale internazionale.  Quest’ultimo infatti non fu più circoscritto ai mari interni del Baltico, del Mare del Nord o Mediterraneo: divenne in effetti un vero e proprio commercio mondiale, che utilizzava nuovi collegamenti e nuove rotte, unendo  i diversi continenti attraverso l’Oceano Atlantico, l’Indiano e infine il Pacifico.  Portogallo e Spagna furono senza dubbio i primi beneficiari di tali scoperte, anche perché, grazie alle bolle pontificie, in particolare a quelle del 1493, avevano ottenuto una sorta di legittimazione delle loro conquiste, in una sorta di spartizione dei nuovi mondi, che trovava tuttavia ben poco credito presso gli altri sovrani del tempo.  Tanto che, al riguardo, lo stesso re di Francia Francesco I osservò assai argutamente: << Sarei felice di vedere la clausola del testamento di Adamo che mi esclude dalla mia parte nella divisione del mondo >>.  In realtà più che titoli, concessioni o legittimazioni varie il solo vero diritto di possesso fu quello della conquista militare vera e propria e del più o meno razionale uso della forza per mantenere le conquiste fatte.  Così se nel 1501 il re Emanuele I del Portogallo assunse i titoli di signore della Conquista, della Navigazione e del Commercio d’Etiopia, dell’India, Arabia e Persia, i suoi successori non furono certo, nel periodo seguente, capaci di mantenere le conquiste fatte.  I successi raggiunti dal Portogallo nel Cinquecento in Estremo Oriente infatti si spiegano sia con la superiorità navale, dovuta all’utilizzazione dei cannoni lungo le fiancate delle navi, sia con il vuoto del commercio marittimo che il Portogallo trovò nell’Oceano Indiano.  Eliminata la debole rete commerciale dei musulmani i portoghesi utilizzarono due squadre navali per controllare il Mar Rosso e le coste occidentali dell’India e una rete di fortezze in periferia, controllate da un governatore centrale residente a Goa.  In pratica quindi il Portogallo trovò già una fiorente economia-mondo e si limitò a organizzarla meglio, ottenendo in cambio alcune merci importanti come guadagno del suo impegno, ma lasciando inalterate l’organizzazione sociale e le strutture politiche esistenti.  Ne derivò una sovrastruttura coloniale indubbiamente fragile, destinata a essere travolta di fronte alla suggestiva e agguerrita penetrazione olandese.  Diverso fu invece il caso dell’impero spagnolo creato nelle Americhe, che pure comportò per la Spagna uno sviluppo del commercio transatlantico, il cui volume aumentò di otto volte tra il 1510 e il 1550 e di tre volte tra il 1550 e il 1610.  La lunga lotta per il predominio europeo, in cui si trovò coinvolto sia con Carlo V che con Filippo II indebolì finanziariamente il regno spagnolo, nonostante le massicce importazioni di oro e argento dalle Americhe, importazioni destinate ad arricchire più i creditori genovesi, tedeschi o fiamminghi che quelli spagnoli.  L’agricoltura del paese restò dominata dalla pastorizia, il cui sviluppo interessava la potente associazione dei produttori di lana, né si sviluppò un’industria tessile rilevante che potesse competere con quella fiamminga o inglese.  Infine lo stesso fattore demografico, nel secondo Cinquecento, contribuì non poco a indebolire il paese: l’emigrazione nelle Americhe, i caduti in guerra, la carestia e la peste del 1599-1600 in Andalusia e Castiglia, la stessa espulsione dei “Morisco” nel 1609, contrassero fortemente il numero della popolazione adulta.  La Spagna, quindi, pur riuscendo a creare un impero mondiale, non aveva le strutture adeguate a gestire un’economia-mondo.  Così, non soltanto non riuscì a divenire la prima potenza d’Europa, ma perse lentamente lo stesso controllo economico sull’impero coloniale.  E, nella sua progressiva decadenza, trascinò e coinvolse nella sua ascesa: l’Italia meridionale, la Germania meridionale, Anversa, lo stesso Portogallo.

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