Iliade, lo sciopero di Achille.

Aramini Parri Lucia

Iliade, lo sciopero di Achille.
Lo “sciopero” di Achille dura ben 18 libri, sui 24 che formano l'Iliade. Ma l'assedio e la guerra continuano e l'assenza del figlio di Teti si fa sentire. Per Omero è una fortuna, perché ciò consente di mettere in luce altri personaggi, condannati viceversa a restare in penombra. Alcuni sono destinati a diventare dei simboli, nella letteratura greco-latina successiva: per esempio il re di Pilo
Nèstore, saggio “nonno” della spedizione; o Ulisse, il furbetto del quartierino; o Aiace Telamonio, re di Salamina e ferrea macchina da guerra tritanemici. Il personaggio più positivo della compagnia è Diomede, re di Argo e “cocco” della dea Atena: un militare cavalleresco quanto improbabile, che sa combattere come pochi (in battaglia arriva a ferire addirittura Ares, dio della guerra) ma si ferma, depone le armi e abbraccia un nemico (tale Glauco) quando scopre che tempo prima il nonno di questi era stato ospite del suo. Il personaggio greco più negativo, invece, è senz'altro Aiace Oileo, un buzzurro arciere della Locride, stupratore, blasfemo e ripugnante sfregiatore di cadaveri. Poi ci sono i Troiani, tra cui eccelle Ettore, primogenito del re Priamo e fratello del bel Paride: un eroe a tutto tondo, cui solo Achille potrebbe tener testa. Un altro soldato valoroso è Enea, che i Romani secoli dopo adotteranno come avo immaginario della loro stirpe. Paride invece non fa una bella figura: pigro e indolente, viene rimproverato da Ettore perché ozia mentre altri muoiono a causa sua; e quando ha modo di battersi in duello con il rivale Menelao si salva solo grazie alla solita Afrodite, che lo fa sparire in una nube.
Sequel.
L'Iliade finisce virtualmente con questo scempio, anche se in realtà il poema continua con altri due libri, che però sono sostanzialmente postfazioni dove si parla solo di funerali. Per Omero, comunque, la Guerra di Troia resta in sospeso. A narrarne il seguito e l'epilogo sono (o meglio: sarebbero gli altri poemi del “ciclo troiano”, il cui contenuto come per i “Cypria” conosciamo quasi solo attraverso i sunti dei commentatori antichi. Di quei poemi monchi, tre meritano menzione: Etiopide, Piccola Iliade e Iliou persis. Nell'Etiopide (forse opera di Arctino, un poeta di Mileto) si racconta la fine di Achille, che muore per una freccia di Paride, scoccata male e slealmente deviata sul bersaglio dal dio Febo. La Piccola Iliade (attribuita a Lesche, un poeta dell'isola di Lesbo) riferisce che anche Paride muore per una freccia, scagliata dal greco Filottete. L'Iliou persis (La caduta di Ilio, pure attribuita ad Arctino di Mileto), invece, è il testo che racconta della caduta di Troia grazie al famoso cavallo di legno: una furbata del solito Ulisse.
A caval Donato.
L'episodio è arcinoto: i Greci costruiscono una enorme statua equina, cava all'interno. Poi alcuni si stipano nel ventre dell'animale e tutti gli altri fingono di andarsene: abbandonano l'assedio e salpano, mentre i Troiani incuriositi portano il colosso dentro le mura. Poi cala la notte e i Greci nascosti escono dalla pancia del cavallo e aprono le porte ai commilitoni, che nel frattempo sono rientrati dalla finta partenza. Ormai Troia non ha più scampo: i guerrieri nemici dilagano ovunque, uccidono, razziano tutto il razziabile e bruciano il resto. Meno noti dell'aneddoto del cavallo sono quattro gesti efferati che, stando all'Iliou persis, accompagnano la fine della città. Il primo è opera del solito Aiace Oileo, che stupra l'indovina Cassandra su un altare di Atena. Degli altri tre è protagonista Neòttolemo, figlio del defunto Achille, che prima macella a sangue freddo in un tempio di Zeus l'implorante re Priamo, poi trucida il bimbo Astianatte, orfano di Ettore, infine trascina sulla tomba di Achille un'adolescente figlia di Priamo, Polissena, e la sacrifica ritualmente come fosse un animale. Con queste scene barbare e allucinanti cala il sipario sulla guerra di Troia.
E si aprono due domande, per le quali da secoli cercano risposte storici e archeologi. La prima: che cosa c'è di vero dietro questo lungo racconto mitizzato? La seconda: se la “madre di tutte le guerre” non è solo una fantasia di poeti, la vittoria dei Greci fu vera gloria?

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