L’idea di Impero.
Mauro Goretti |
L’idea di Impero.
Il 16 maggio 1527 le
truppe imperiali di Carlo V occuparono Roma, saccheggiandola e costringendo
il pontefice Clemente VII a rinchiudersi in Castel S. Angelo. Furono in molti allora, soprattutto presso la
corte imperiale, a sostenere che l’imperatore avrebbe dovuto sfruttare subito
tale pur causale trionfo sopra il papa per obbligarlo a convocare un concilio
generale per la riforma della Chiesa, seguendo in parte l’esempio di alcuni
grandi imperatori medievali. Ma Carlo V
non seppe o non volle cogliere l’occasione.
D’altro canto è importante ricordare come allora, presso i
contemporanei, esistevano e spesso si scontravano fra di loro diverse
concezioni dell’idea di impero. Vi era,
ad esempio, quella del gran cancelliere Mercurino di Gattinara, tutta tesa a
legare tale idea all’egemonia sull’Europa intesa non tanto come dominio
effettivo di altri paesi quanto come guida nella lotta contro gli
infedeli. Gli umanisti della corte
imperiale invece erano a favore di una “renovatio Imperii” che sottintendeva la
restaurazione dell’impero romano, con Roma come capitale. Altri ancora si riferivano agli obbiettivi
tradizionali degli imperatori germanici medievali, vale a dire la riforma della
Chiesa e il rafforzamento del Sacro romano impero, cioè del regno di Germania e
dell’Italia settentrionale. Infine vi
era quella più recente, e in un certo senso moderna,di un impero
mondiale,basata sui grandi successi della Spagna nel Nuovo Mondo. Il fallimento stesso tuttavia dei tentativi
egemonici di Carlo V in Europa, sanciti con la divisione dei domini ereditari
asburgici tra Filippo II e Ferdinando
d’Austria, cui andò il titolo imperiale,ripropose in tutta l’Europa, con la sua
propaganda e il suo simbolismo, l’idea di impero. Anche perché a quest’ultima si affiancò,
ancor più fluida e affascinante, per molti altri sovrani, quella della speranza
imperiale. Ogni grande monarchia del
tempo sviluppò e fece suo il tema imperiale per sottolineare la propria
autonomia sia dalla figura dell’imperatore che da quella del pontefice. Così in Inghilterra la speranza imperiale
nacque e si sviluppò grazie alla lotta della corona contro le intromissioni del
papato e in quanto successori del divino potere imperiale i Tudor rivendicarono
il diritto di liberarsi dalla sovranità del papa. Tanto che sotto Elisabetta nacque e si
diffuse il mito della vergine Astrea, sotto il cui regno << redeunt
Saturnia regna >>. Il Francia con
Enrico IV venne invece riproposto e pubblicizzato il mito dell’Ercole gallico:
e nella stessa Spagna di Filippo II l’idea di un impero dove << non sorge
né tramonta il Sole >>. Certo
Filippo II appariva ancora agli occhi dei contemporanei e degli stessi inglesi
come << il sovrano più potente della Cristianità >>; tuttavia i
suoi obbiettivi politici erano ancora improntati alla tradizionale visione del
predominio egemonico in Europa, visto ancora negli anno Ottanta del
Cinquecento, in una prospettiva mediterranea.
Così molte delle migliori forze della Spagna furono ancora per lungo
tempo impiegate su più fronti: su quello mediterraneo per fronteggiare il
pericolo turco e assicurare gli importanti dominii italiani; contro la Francia,
che, sia pur indebolita dalle guerre civili, restava il più fiero antagonista
in Europa; contro i rivoltosi dei Paesi Bassi al Nord; infine oltre Oceano, nel
consolidamento delle conquiste del Nuovo Mondo.
Tali impegni tuttavia si rivelarono, nel lungo periodo, fatali per la
potenza spagnola, soprattutto nella prima metà del Seicento, proprio quando si
andavano rafforzando le potenze del Nord: le Provincie Unite, l’Inghilterra, la
stessa Francia. La lunga lotta sul
continente per raffermare la propria supremazia portò giocoforza la Spagna a
trascurare i dominii coloniali e la guerra sul mare. Viceversa già sotto Elisabetta si manifestò
in Inghilterra la tendenza a legare l’idea di impero a quella dell’espansione
sui mari, da raggiungere con la costruzione di una forte flotta, strumento
indispensabile per assicurarsi la sovranità sugli oceani. In pratica nell’Inghilterra elisabettiana
nasceva e si sviluppava una diversa idea d’impero e di dominio imperiale, meno
legata alla visione politica e più concretamente economica. Non a caso oggi si parla del Cinquecento come
del secolo in cui si sviluppò l’economia mondiale dell’Europa, dove i termini
di un economia-mondo o di impero-mondo possono significare sia un’economia
mondiale sia un’economia che è essa stessa un mondo. Lo storico americano Wallerstein, non ha
esitato a indicare nell’Europa nord-occidentale del primo Seicento il centro
dell’economia-mondo europea e cioè in Olanda e Zelanda, a Londra e nell’East
Anglia e nella Francia settentrionale e occidentale. Anzi per lui nella prima metà del XVII secolo
furono indubbiamente le Provincie Unite a divenire la potenza egemone
dell’economia-mondo capitalista, più che per la loro forza militare e politica
per la loro capacità di produrre merci con tale efficienza, da divenire il
primo beneficiario di un mercato mondiale estremamente libero. Tuttavia è anche vero che per mantenere
un’egemonia economica occorrono anche strutture statali e militari adeguate e
sorrette da una forte concezione politica.
Ma si può parlare di un’idea di impero per le Provincie Unite del XVII
secolo? Probabilmente no, tanto che il
sistema coloniale olandese del Seicento ricorda più quello medievale veneziano
nel Levante che i pur coevi imperi portoghese o spagnolo. E, nel corso del Seicento, il lungo conflitto
anglo-olandese dimostrerà l’inadeguatezza delle strutture politiche, militari e
ideologiche delle Provincie Unite nei confronti della più solida, compatta e
concreta Gran Bretagna.
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