I due contendenti.
Mauro Goretti |
I due contendenti.
Certamente agli occhi dei contemporanei, intorno agli anni
Ottanta del Cinquecento, la potenza spagnola in Europa e nel Nuovo Mondo doveva
apparire sconfinata. Con l’occupazione
del Portogallo nel 1580, in seguito alla morte del cardinale Enrico, reggente
la Corona dopo la scomparsa del re Sebastiano, Filippo II poteva davvero
vantarsi dei suoi domini. Napoli,
Sicilia, Sardegna e Lombardia in Italia, gran parte delle Fiandre occupate
dall’esercito di Alessandro Farnese, le Indie Occidentali e le ricche colonie
americane, dal Messico al Cile, formavano un vasto caleidoscopio di paesi,
regioni, territori più o meno saldamente governato dalla corona spagnola. La Francia inoltre, l’unica nazione che poteva
davvero fronteggiare il predominio spagnolo in Europa, era in preda alle guerre
di religione, che culminarono nella lunga lotta per la corona fra Enrico III di
Valois, Enrico di Guisa e Enrico di Navarra.
E tuttavia già alcune crepe si manifestavano sull’imponente facciata
della potenza spagnola: nel Mediterraneo continuava l’impegno militare contro
la flotta turca e le navi dei corsari barabareschi; nelle Fiandre le truppe
spagnole non riuscivano a piegare la resistenza delle provincie ribelli, Olanda
e Zelanda in particolare, ormai apertamente appoggiate da truppe regolari
inglesi, inviate dalla regina Elisabetta, sotto il comando del conte di
Leicester; mentre nell’Atlantico e nelle colonie le imprese dei corsari inglesi
divenivano sempre più numerose, gravi e provocatorie. In effetti l’aggressiva politica di
Elisabetta nelle Fiandre, e sui mari muoveva da un contesto nazionale ben
diverso di quello del primo Cinquecento.
La Riforma nel paese aveva agito profondamente anche presso il popolo,
costituendo una forte affermazione del nazionalismo inglese, in un netto
rifiuto di sottomettersi alle imposizioni esterne. Mentre quella che venne definita << la
rivoluzione tudoriana nel governo >> aveva creato un forte apparato
amministrativo strettamente legato alla corona, che riuscì così a portare
avanti un processo di centralizzazione nazionale certamente pari se non
superiore a quello spagnolo.
L’isolamento insulare inoltre assicurava al paese la miglior difesa
contro eventuali aggressioni esterne, in un epoca in cui la guerra terrestre
sembrava dominata dalla fanteria spagnola.
Ovviamente era necessario sviluppare la marina, sia quella mercantile
per garantire il commercio e i traffici, sia quella militare, che in effetti
ebbe un notevole incremento sotto la stessa Elisabetta.
La Marina Inglese.
Due furono le grandi novità introdotte sotto i Tudor:
l’ufficio del “Navy Board”, creato nel 1546, per amministrare sotto la guida
del lord ammiraglio la flotta e l’annessa cantieristica; la sostituzione degli
ufficiali dell’esercito, nel comando delle navi, con ufficiali marinai,
ufficiali in grado cioè di combattere e governare la nave nello stesso tempo. Dei cinque principali funzionari del “Navy
Board” tre appartenevano alla categoria del personale amministrativo (il
tesoriere, il controllore e l’amministratore navali) e due al personale
tecnico, l’ispettore navale e il mastro d’artiglieria. Ma se si pensa che lo stesso John Hawkins,
uno dei più esperti capitani e viaggiatori inglesi, fu nominato tesoriere della
marina nel 1577, si comprenderà l’importanza che l’esperienza e le capacità
tecniche avevano raggiunto sotto Elisabetta, proprio alla vigilia dello scontro
diretto con la Spagna del 1588. E tutto
ciò nei diversi settori dell’arte nautica: così grazie agli insegnamenti di
Sebastiano Caboto e del matematico J. Dee piloti come Chancellor, Borough o
Davis furono in grado di scoprire la rotta artica verso la Russia, disegnare le
coste del Mar Bianco o quelle del Canada settentrionale. La marina inglese quindi si trovò ben
preparata, sul finire del 1587, alla notizia che Filippo II aveva intenzione di
muovere guerra all’Inghilterra apprestando una grande flotta, che, muovendo da
Lisbona, avrebbe dovuto toccare i porti delle Fiandre spagnole per imbarcare le
agguerrite truppe di Alessandro Farnese e sbarcarle sul suolo inglese. Il sovrano spagnolo infatti, sempre più
irritato per gli aiuti inviati da Elisabetta alle provincie ribelli nelle
Fiandre e le continue incursioni dei corsari inglesi, culminate nell’attacco di Drake su Cadice,
decise la spedizione contro l’Inghilterra anche per combattere, lui il re
Cattolico, l’eretica regina. Ma la
grande ed eterogenea flotta, composta da caracche portoghesi,galeoni spagnoli,
galere e galeazze mediterranee, si trovò ben presto a disagio nel << Mare
Oceano >>, prima ancora di imboccare la Manica. La morte del marchese di Santa Croce l’aveva
privata dell’unico vero uomo di mare e il suo sostituto, il duca di Medina
Sidonia, non aveva mai messo piede su una nave prima di allora, così come del
resto gran parte del suo stato maggiore, che pure vantava i nomi dei più
illustri generali spagnoli, avvezzi tuttavia più alle cariche di cavalleria o
agli scontri di fanteria che al combattimento navale. La stessa tattica navale degli spagnoli, così
come emerge nettamente dalle relazioni del Medina Sidonia e degli altri
ammiragli era certamente superata, ancora legata agli scontri nel Mediterraneo
e ai ricordi del trionfo di Lepanto.
Essa si basava sul semplice assunto di portare l’intera flotta a
scontrarsi con quella inglese, in un unico e quasi impossibile abbordaggio, in
modo da poter utilizzare i fanti imbarcati sulle navi. Così come del resto era avvenuto anni prima
nella battaglia delle Azzorre, vinta dal marchese di Santa Croce contro la
flotta del principe don Antonio, illegittimo pretendente al trono lusitano,
appoggiato da navi francesi. Ma la
marina da guerra inglese, al comando di lord Howard di Effingham, che alzava la
sua insegna “sull’Ark Royal”, e dello stesso Drake mise in atto una tattica
navale assai più avanzata, che, grazie all’uso dell’artiglieria e della manovra
velica, non permise mai alla flotta spagnola di accostarsi
troppo,tormentandola << con buoni
tiri d’artiglieria >>. In realtà i
combattenti navali fra le due flotte furono piuttosto scarsi e portarono
all’affondamento solo di alcune navi spagnole;
il resto della flotta venne spinto dalle burrasche verso Nord, costretto
ad una circumnavigazione delle isole britanniche che si rivelò fatale. Molte navi, gettate sulla costa ccidentale dell’Irlanda
affondarono con gravi perdite fra gli equipaggi, i cui superstiti furono
sterminati dalle poche truppe regolari inglesi.
Commenti
Posta un commento
Ciao a tutti voi, sono a chiedervi se avete preferenze per Post di vostro interesse
in modo da dare a tutti voi che mi seguite un aiuto maggiore, grazie per la vostra disponibilità.