Siti web.


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La compatibilità retroattiva è una bufala.

Con il termine compatibilità “retroattiva” gli sviluppatori
indicano tutto ciò che “supporta tutti gli utenti”. Chi se
la sente di contraddire un concetto espresso così in modo
radicale?
Nel concreto la compatibilità retroattiva indica l'utilizzo
di codice e di markup proprietari non standard (o deprecati)
che garantiscono la medesima modalità di visualizzazione
del sito a tutti gli utenti, a prescindere dal fatto che si stia
utilizzando IE2 oppure Opera 10. La compatibilità
retroattiva è un concetto molto interessante, almeno in
teoria, ma i costi sono sempre piuttosto elevati e la sua
attuazione si basa sostanzialmente su una bufala.
In realtà non esiste alcuna compatibilità retroattiva e si
deve sempre tenere conto di un limite di applicazione.
Per esempio, Mosaic (il primo browser con interfaccia
grafica) e Netscape 1.0 non supportano i layout basati
su tabelle HTML : per questo motivo gli utenti di questi
browser non hanno la possibilità di visualizzare i siti con
risultati analoghi a quelli che possono avere gli utenti di
browser meno antiquati, per esempio Netscape 1.1 o MSIE2.
Gli sviluppatori e i clienti che sostengono la compatibilità
retroattiva devono inevitabilmente identificare un browser
“di partenza”, per esempio Internet Explorer 6, e concordare
sul fatto che la compatibilità ha inizio con quella determinata
versione di browser; in base a questo esempio gli utenti di
Internet Explorer 5.5 rimangono esclusi. Per ottenere il
supporto a partire da un determinato browser gli sviluppatori
suddividono il markup in sezioni non standard e specifiche
per i diversi browser, scrivono più script in modo da adattare
le istruzioni ai browser “supportati” e introducono operazioni
di sniffing per impostare ogni browser con il codice più
adeguato. In questo modo non si fa altro che aumentare
l'ingombro delle pagine e il carico di lavoro dei server,
oltre a precipitare verso l'obsolescenza.

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