Le bonifiche granducali.
Le bonifiche granducali.
Il Settecento,fino
all'invasione francese,fu per la Toscana
un secolo di
pace,come lo era stato il precedente. Ma
con una sola
eccezione:la “guerra alle acque stagnanti”,
che i Lorena
impegnarono nel corso del loro regno,
recando nuovo
impulso a un'opera di bonifica che,
in varie aree
della regione,era già stata avviata in
età comunale o
addirittura etrusca o romana. A
indurli a
impegnare risorse,energie,ingegni in
quella
contribuivano diversi fattori. C'era una
sincera
sollecitudine per le condizioni di vita dei
lavoratori,ispirata
alla filosofia umanitaria del
secolo dei lumi.
C'era l'ambizione di migliorare
il valore del
granducato di cui erano stati appena
fatti sovrani.
C'era la preoccupazione di impegnare
in grandi opere
pubbliche una vasta manodopera
che altrimenti
sarebbe rimasta disoccupata,
alimentando
insoddisfazione e malcontento.
Ma c'era anche un
fattore comune alla maggior
parte degli Stati
europei. Il XVII secolo,infatti,
fu per il vecchio
continente un'epoca di notevole
crescita
demografica,anche per effetto delle
migliorate
condizioni igieniche,e l'esigenza
di sfamare un
numero crescente di bocche
imponeva non solo
un miglioramento delle
tecniche
agricole,ma anche un ampliamento
delle superfici
coltivabili. Se,dopo la peste
del Trecento e le
grandi epidemie del XVII
secolo,si era
verificato il fenomeno dei
“villaggi
abbandonati”,dei borghi rurali
rimasti deserti
perché,in seguito alla
diminuzione della
popolazione,non era
più
economicamente proficuo coltivare
i terreni
circostanti,ritenuti non abbastanza
redditizi,ora si
registrava la tendenza opposta.
Anche a costo di
impegnare notevoli capitali,
i Lorena mirarono
a prosciugare le “zone
umide”,per
sottrarle alla malaria,conseguenza
del ristagno delle
acque,ma sopratutto per
trasformarle da
aree adibite alla caccia,alla
pesca,o alla
pastorizia in territori valorizzabili
nell'ambito di
un'agricoltura intensiva.
La loro opera di
bonifica incontrò non pochi
ostacoli,non solo
nei limiti dell'ingegneria
idraulica
dell'epoca e nella vastità delle aree
interessate,ma
anche nel fatto che le paludi
aperte alla caccia
e alla pesca costituivano
una risorsa non
indifferente per le popolazioni
locali,poco
disposte,in molti casi,a lasciare
il certo per
l'incerto. Le bonifiche lorenesi
interessarono
numerose aree della regione,
in molti casi zone
di confine,in cui la conservazione
delle paludi era
stata suggerita anche da preoccupazioni
difensive:per loro
stessa natura,le aree umide erano tali
da rallentare
eventuali invasioni. Furono toccati dalle
bonifiche i bacini
di Bientina,e Fucecchio alcune zone
della Versilia e
della pianura pisana,alcuni bacini
minori del Senese.
Ma le opere di maggiore impegno
vennero realizzate
in Maremma e nella Val di Chiana.
Pioniere della
bonifica della Maremma fu il padre
gesuita Leonardo
Ximenes,fondatore,all'ultimo
piano dell'ex
convento fiorentino dove ha
attualmente sede
il liceo Galileo,dell'osservatorio,
prima
astronomico,in seguito meteorologico che
ancor oggi ne
porta il nome. Talento forse più
matematico e
geometrico che non ingegneristico,
lo Ximenes
pubblicò nel 1769 una dissertazione
sulla “fisica
riduzione della Maremma Senese”,
in cui proponeva
un'opera di bonifica del
territorio da
realizzare attraverso un sistema di
canali. Il padre
gesuita proponeva di scavare
i “canali e
scoli maestri che non erano stati
espurgati a
memoria d'uomini”;di “facilitare
il discarico alle
acque dei laghi e delle
arginature dei
fiumi che con cento bocche
passavano ad
allagare le pianure con danno
considerabile del
bestiame e delle semente”;
di “ristorare o
rifabbricare gli antichi
acquedotti
abbandonati per l'incuria dei
passati ministri”.
Ottenuta la fiducia del
granduca,lo
Ximenes diresse dal 1766 al
1778 i lavori per
il riargino del fiume
Ombrone,la
costruzione della darsena di
Castiglione,l'escavazione
del Canale Reale,
del Canale del
Rinfresco,dall'Ombrone al
padule,e del
Canale della Molla,dal lago
Bernardo al mare.
Inoltre provvedeva alla
costruzione della
“Casa Rossa”,l'edificio da
cui attraverso un
sistema di cateratte,si
riprometteva di
regolare l'afflusso o il
deflusso delle
acque del lago nel mare o
viceversa,a
seconda delle esigenze.
I lavori voluti
dal gesuita costarono molto
circa
centocinquantamila scudi ma non
recarono un
beneficio proporzionale alla
spesa. Già
un'ispezione condotta nel 1774
ne metteva in luce
il parziale insuccesso
e nel 1787,con una
sprezza esasperata forse
dalla delusione,li
definiva “la maggior parte
inutili e
nocivi”,salvando dalle critiche solo
la Casa Rossa
e,con qualche riserva,il riarginamento
dell'Ombrone.
L'opera dello Ximenes fu proseguita,
fra molte
difficoltà,dal matematico Pietro Ferroni
e più tardi dal
matematico e idraulico Pio Fantoni
e ricevettero
nuovo stimolo all'epoca della Restaurazione,
sotto Leopoldo II.
Ma solo nel Novecento,col nuovo
impulso recato ai
lavori di bonifica integrale del
suolo,la piaga
delle acque stagnanti e della malaria
fu rimossa dalla
Maremma.
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