Il Rockefeller Center.

Mauro Goretti & Aramini Parri Lucia







Il Rockefeller Center.

Al centro di Manhattan, l'isola sul fiume Hudson che è il “cuore” di New York, si eleva questo maestoso, gigantesco complesso di dieci grattacieli collegati da gallerie sotterranee. È il Rockefeller Center (pron. Rocfeler sentar), uno dei “colossi” dell'architettura moderna. Non è un edificio, non è un quartiere: è una città. 125 mila persone lavorano in questo labirinto di acciaio e cemento dove non abita nessuno. Il Rockefeller Center, infatti non comprende abitazioni: esso ospita invece, oltre a uno smisurato numero di uffici, duecento negozi, venti consolati, sei scuole, settanta agenzie di viaggi, venticinque ristoranti, e poi cinema, banche, luoghi di divertimento e un gigantesco teatro. Potremmo continuare per un pezzo a enumerare meraviglie di ogni genere: ce ne sarebbe per pagine e pagine, solo se parlassimo di altezze, pesi, costi, parcheggi smisurati, chilometri quadrati di finestre. Ma non è questo che ci interessa, ora. Abbiamo dedicato al Rockefeller Center questo articolo, solitamente destinato ai capolavori, proprio perché il Rockefeller Center è un capolavoro. L'architettura moderna è posta di fronte al problema di costruire edifici adatti alla vita di oggi e capaci di sfruttare tutto lo spazio disponibile, senza dimenticare tuttavia che servono per l'uomo, e che perciò non devono schiacciarlo con la loro mole. Ciò che hanno fatto Reinhard e Hofmeister, progettisti principali del Rockefeller Center, è un esempio vivo di come questo enorme problema può essere risolto senza che l'uomo si senta una povera formica sperduta nella selva di cemento armato. In che cosa consiste la bellezza del Rockefeller Center? Confrontatelo con altri complessi architettonici moderni: costruiti per il solo fine economico dello sfruttamento dello spazio, essi assomigliano spesso a gruppi geometrici di grossi “scatoloni”, e non hanno alcun pregio estetico. Qui invece, lo slancio verso l'alto è accentuato dalle strutture “a costole” delle finestre; e i piani verticali delle facciate si alternano armoniosamente con quelli orizzontali delle terrazze e dei tetti, posti a un livello diverso l'uno dall'altro. Gli edifici laterali sono posti in modo asimmetrico intorno alla mole leggera del grattacielo centrale, così da lasciare vuoti degli spazi irregolari. Si viene quindi a creare un effetto di profondità, come nella scena di un gigantesco teatro. Ed è una scena sempre varia: cambiando il punto di osservazione, il grande complesso presenta, da ogni angolo di visuale, un aspetto sempre diverso. C'era infine un problema assai importante da risolvere: quello di “ospitare”, e non solo contenere, le 125 mila persone che avrebbero lavorato nel Rockefeller Center. Bisognava far si che non si sentissero come chiuse in una fortezza, strappate dalla natura. Per ottenere questi molti giardini pensili furono sistemati sulle terrazze e ogni angolo libero fu ravvivato da un'aiuola, da una pianta, da una macchia d'erba: quasi per ricordare ai 125 mila del Rockefeller Center che questo immenso complesso è stato creato per le esigenze della moderna organizzazione industriale, senza però dimenticare l'uomo e la natura.
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