Accenni del grande Botticelli.

Aramini Parri Lucia







Accenni del grande Botticelli.

La pittura del Botticelli... segna la crisi dei grandi sistemi d'ordine figurativo che erano stati elaborati nella prima metà del XV secolo. È la crisi della concezione dello spazio e della prospettiva; quella della forma in quanto conoscenza o rappresentazione della natura; quella dell'historia considerata come una figurazione drammatica delle azioni umane; quella del carattere morale e religioso dell'arte; la crisi, infine, della funzione sociale dell'artista come rappresentante di un artigianato superiore, e quella della capacità produttiva di una comunità. Anche l'arte tende al bello, come il pensiero filosofico, lo studio dell'antichità e l'azione umana; o meglio, l'arte è il processo specifico per la ricerca della bellezza, per cui il lavoro dell'artista è più un esempio che un'opera vera e propria. Per la prima volta, un pittore del Rinascimento tende al “bello” come fine supremo (e diciamo “pittore”a ragion veduta, perché c'era già stato un'artista, Agostino di Duccio, che aveva avvertito sia pure in modo meno chiaro, una simile esigenza). È innegabile che il Botticelli, vedendo nell'arte l'attuazione il “momento pratico” di un ideale estetico, sia in qualche modo ritornato a certi dati medioevali del tardo gotico: ma il suo ideale di pulchritudo non si collega più alle tesi tomiste della bellezza e dell'armonia della Creazione, intese come i segni sensibili della perfezione del Creatore. Così si potrebbe dire che la pittura del Botticelli, pur essendo profondamente permeata di un'aspirazione religiosa, non raggiunge in realtà che un carattere religioso indeterminato, “laico”. Il Botticelli, geniale pittore di costumi e narratore intrepido, fantasioso, ha preso lo spunto dagli orefici e dagli illustratori fiorentini del 1460. Non ha dovuto creare i suoi tipi, le sue figure volteggianti, gli abiti di velo, le acconciature complicate, gli atteggiamenti romantici, e i contrasti sentimentali; ma ha ricreato questo repertorio vivace e leggiadro, ha lavorato non tanto ad arricchirlo quanto ad epurarlo. Ha saputo precisare i contorni, accomodare le pieghe, incurvare le figure, annodare e sciogliere i movimenti con la continua preoccupazione dell'arabesco. Il piccolo universo romanico è come ricostruito dall'interno, ricomposto, ricondotto a un ordine più acuto, a una eleganza più profonda, a una mimica più rigorosa: si sottopone a una poetica più sostenuta. Sandro è un distillatore, e la sua materia è il repertorio narrativo, l'eleganza accentuata da un avanzo di preziosismo gotico, degli atelier fiorentini. Il tipo femminile longilineo, instabile, dal naso corto, dal mento triangolare, dallo sguardo lontano, in quest'arte fragile e leggiadra sembra attendere la venuta e il dono poetico di Botticelli.
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