Gandhi. Storia contemporanea.

Aramini Parri Lucia - Blogger







Gandhi. Storia contemporanea.

Il 26 gennaio 1950 fu proclamata in India la Repubblica indipendente. La liberazione di questo
paese dal dominio inglese era frutto dell'instancabile opera di educazione e di propaganda
patriottica svolta tra i suoi concittadini dal “mahatma” (“grande anima”) Gandhi. Quest'uomo,
basso di statura,magrissimo,non bello,dagli occhi piccoli e scuri,era riuscito,grazie alla sua
grande fede nella bontà degli uomini,ad ottenere la libertà della sua patria senza spargimento
di sangue.

Guida spirituale di un popolo.

Il mahatma Gandhi era un avvocato; era nato il 2 ottobre 1869 a Porbandar (India) da genitori
poveri ma religiosissimi. Nella sua autobiografia egli ricorda che sua madre,per onorare gli dei,
faceva spesso voto di digiunare fino a che non avesse visto il sole. Accadeva che il cielo rimanesse
nuvoloso per parecchio tempo ed allora la madre esclamava rassegnata: “Non importa! Dio non
vuole che oggi mi nutra” e ritornava serenamente alle sue occupazioni. Gandhi imparò molto
dall'esempio della madre,e spesso,durante la sua vita,digiunò per settimane intere,per purificare
il proprio spirito o per espiare le colpe che i suoi seguaci commettevano nel condurre la lotta
per la liberazione della patria. Egli non fu seguace convinto di nessuna religione: gli bastava
essere certo di agire rettamente e con animo puro,per essere felice. Grazie all'aiuto finanziario
di alcuni parenti,giovanissimo,fu mandato in Inghilterra per compiervi i primi studi di diritto.
Ritornato in patria a studi compiuti,esercitò la professione di avvocato con fortuna,sempre
rifiutandosi,però,di patrocinare le cause che riteneva ingiuste. Un processo lo costrinse a
recarsi nel Sud Africa dove rimase assai colpito dalle misere condizioni in cui vivevano gli Indù
emigrati. Si prodigò attivamente per loro e qui compì il primo esperimento di “disobbedienza
civile”. La “disobbedienza civile” è una forma di ribellione ideata da Gandhi. Egli,nella sua
grande bontà,non ammetteva,neppure per ribellarsi e riscattarsi dalla schiavitù,che si potesse
usare la violenza: pensò perciò di iniziare una forma di ribellione pacifica che,senza spargimenti
di sangue,obbligasse gli oppressori dei popoli ad essere più giusti. Nel Sud Africa,per raggiungere
il suo intento,Gandhi fece in modo che fossero imprigionati per piccoli reati (quale,ad esempio,
il passare la frontiera senza passaporto) tutti gli Indù ospiti della Colonia. Con questo espediente
egli recò un notevole danno all'amministrazione inglese,la quale,nel giro di poche settimane,
si trovò a dover mantenere a sue spese,in carcere,migliaia di Indù. Per porre termine a questa
marea di volontarie carcerazioni,gli Inglesi abrogarono alcune leggi che rendevano dura la vita
agli Indù. Gli interessi del giovane avvocato si erano ormai rivolti alle condizioni del suo popolo.
Ritornato in India,Gandhi si rese conto che il popolo indiano era pronto a ribellarsi agli Inglesi
con le armi,ma egli si oppose a ciò,perché pensava che la violenza non può generare che altra
violenza. Gandhi convinse anzi il suo popolo ad aiutare gli Inglesi,che allora stavano combattendo
la prima Guerra Mondiale,pensando che questi,in segno di riconoscenza,avrebbero ridato la
libertà all'India. Ma ciò non avvenne; vennero anzi inasprite le leggi e fu soppressa la libertà di
stampa. Il mahatma Gandhi si recò allora dal governatore inglese; gli restituì le decorazioni che
aveva ottenuto per i servigi resi all'Inghilterra durante la guerra e incitò il suo popolo alla
disobbedienza civile”. Talvolta però gli Indù esacerbati,preferirono usare la forza anziché
ubbidire ai consigli di Gandhi: in varie città scoppiarono gravi tumulti,che furono repressi. Gandhi,
falsamente accusato di aver avuto parte in queste azioni violente,fu processato e condannato.
Anche durante il processo,che poteva costargli la pena di morte,mostrò la sua grande bontà,
addossandosi ogni responsabilità dei disordini affinché non fossero condannati altri. Fu condannato
a 6 anni di carcere. I giudici,che lo rispettavano,gli comunicarono la sentenza profondendosi in
scuse; a loro il mahatma Gandhi rispose: “Mi sento felice. Amo la quiete ed ora ho la possibilità
di dedicarmi a studi che sarei costretto a trascurare fuori dal carcere”. Ritornato libero,non
partecipò più direttamente alla vita pubblica,ma continuò a mantenere i contatti con il suo popolo
per mezzo di un giornale da lui fondato e diretto:”La giovane India” e con i suoi scritti continuò ad
incitare il popolo alla “disobbedienza civile” verso i Britannici. Purtroppo,anche durante questa
seconda fase di lotte si ebbero tentativi terroristici e il mahatma Gandhi fu nuovamente
imprigionato. Gli Inglesi si convinsero,finalmente,che per far cessare la “disobbedienza civile”
non bastava imprigionarne l'ispiratore,ma occorreva piuttosto concedere agli Indù una maggiore
partecipazione alla vita politica del Paese. Il mahatma venne scarcerato e fu concesso ai
rappresentanti del popolo Indù di partecipare alle elezioni per l'Assemblea Legislativa. Nel 1937,
in 7 province su 11,la maggioranza toccò al partito di Gandhi. Ma,nonostante la volontà del
popolo Indù,chiaramente espressa da questi risultati,l'Inghilterra si rifiutava ancora di concedere
l'indipendenza totale all'India. Negli anni successivi la “disobbedienza civile” fu sempre più
intensificata e Gandhi fu nuovamente imprigionato. Per protesta egli iniziò allora un lungo periodo
di digiuno che commosse e interessò il mondo intero.
  

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