I sulfamidici e gli antibiotici. Medicina.
I sulfamidici e gli antibiotici. Medicina.
I sulfamidici.
La storia della lotta contro i batteri
è abbastanza recente. Nel 1904, il
medico tedesco Paolo Ehrlich scopriva
che un composto colorante (chiamato
in seguito Tripan-rosso) era in grado
di distruggere i tripanosomi (protozoi
che provocano la mortale malattia del
sonno) senza distruggere le cellule
dell'organismo umano. Fino allora
tutti gli studiosi erano assillati da questa
grave preoccupazione: poiché i batteri
non sono che cellule più o meno identiche
a quelle dell'organismo, si doveva
ritenere che una sostanza velenosa per i batteri
sarebbe stata velenosa anche per
l'organismo. Ma il composto scoperto da Ehrlich
dimostrava che tale pericolo era da
ritenersi scongiurato. Quasi trent'anni dopo,
nel 1932, il biologo tedesco Gerardo
Domagk preparava un composto chimico
(il Prontosil), capace di combattere le
infezioni cagionate da streptococchi e
stafilococchi. Poiché tale preparato
era un composto organico dello zolfo con un
gruppo amidico, legato a un nucleo di
benzolo, venne chiamato sulfamidico (dal
latino << sulfur >>,
zolfo). In breve, si arrivò a preparare sulfamidici di vario tipo,
capaci di agire su determinati batteri.
Sembrò che la battaglia contro i microbi fosse
vinta per sempre. Ma a un certo
momento si constatò che i sulfamidici non agivano
contro tutte le specie di microbi e
talvolta riuscivano dannosi all'organismo.
Occorreva trovare altri rimedi.
Gli antibiotici.
La scoperta di una nuova sostanza per
combattere i batteri si deve al microbiologo
inglese Alessandro Fleming. Per capire
come avvenne la scoperta è necessario
prima sapere che cosa sia un <<
terreno di coltura >>.
Con tale nome, s'intende una speciale
sostanza (di solito gelatinosa, formata sciogliendo
in acqua calda l'<<agar>>,
un'alga marina dell'Asia meridionale) su cui i microbiologi
riescono a mantenere in vita quei
batteri che vogliono sottoporre a particolare esperimenti.
Tali << terreni di coltura >>
vengono conservati in particolari scatolette di vetro munite
di coperchio, chiamate << piastre
>>. Un giorno del 1929, Fleming si accorse che, nel
mezzo di una piastra in cui stava
coltivando degli stafilococchi, si era formata una muffa
grigio-verdastra, simile a quella che
si forma per l'umidità su certi cibi lasciati esposti
all'aria. Forse un altro avrebbe fatto
distruggere quella piastra, considerandola ormai
inservibile per gli esperimenti.
Fleming invece notò subito una cosa interessantissima:
e cioè che tutto attorno alla muffa
non c'erano batteri. Dopo ripetuti esperimenti, Fleming
poté constatare che quella strana
muffa aveva veramente lo straordinario potere di non
permettere la vita ai microbi. Sicuro
ormai di avere trovato un mezzo potente per
combattere l'infezione batterica, egli
non si dette pace finché non riuscì ad ottenere un
concentrato di quella muffa che potesse
venire usato come farmaco. Nacque così quella
che noi oggi chiamiamo penicillina. La
scoperta di questa sostanza antibatterica rappresentò
una vera sorpresa nel campo della
medicina. Fino allora si pensava che soltanto per mezzo
di composti chimici ( i sulfamidici) si
potessero combattere i batteri, ora ci si accorgeva
che questi potevano essere distrutti
anche da una sostanza prodotta da un organismo
vivente (la muffa). Alla penicillina e
a tutte le sostanze antibatteriche che si vennero in
seguito ricavando da vari tipi di
muffe, venne dato il nome antibiotici (dal greco << anti >>,
contro e << bios >>, vita),
nel senso che agiscono contro elementi patògeni viventi.
Gli antibiotici si mostrano subito
superiori, quanto ad attività, ai sulfamidici: infatti essi
agiscono contro un numero maggiore di
infezioni da batteri, e non sono, in genere, tossici
per l'organismo, anche se somministrati
in grandi quantità.
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