Napoleone e l'Europa. Parte terza.
Mauro Goretti |
Napoleone e l'Europa. Parte terza.
Il Concordato.
L'eliminazione delle opposizioni
politiche interne e una certa disponibilità al rientro degli
emigrati
non parvero sufficienti a garantire un
equilibrio del potere che Napoleone riteneva potesse essere
assicurato solo dalla ricomposizione
della frattura con la Chiesa di Roma. Questo obbiettivo fu
raggiunto con il Concordato del
luglio 1801, con il quale il nuovo pontefice Pio VII riconosceva
la Repubblica
francese e la vendita dei beni nazionali. Tutti i vescovi, sia
costituzionali che refrattari, furono sostituiti da altri, nominati
dal Primo console e insediati dal papa. I vescovi dovevano giurare
fedeltà alla Repubblica, ma era loro concesso nominare direttamente
i parroci
(che quindi
cessavano di essere elettivi). Da parte sua lo Stato si assumeva
l'onere della retribuzione del clero.
Bonaparte console a vita.
L'atmosfera politica favorevole seguita
al Concordato, consentì a Bonaparte di proporre un plebiscito sulla
trasformazione della sua carica in consolato a vita. La
consultazione popolare (agosto 1802) registrò un numero di consensi
(3.500.000 circa) maggiore di quelli espressi nel 1800, ma anche i
dissensi aumentarono (8300 circa), rimanendo tuttavia una percentuale
modestissima del totale. Contemporaneamente al plebiscito fu
modificata la Costituzione (Costituzione dell'anno X) ed
estesi i poteri del Primo console, al quale era attribuita anche la
facoltà di
designare il proprio successore.
Il Codice civile.
Nel marzo 1804 la promulgazione del
Codice civile costituì il
suggello dell'opera riformatrice di
Napoleone.
Obbiettivo del Codice fu quello di salvaguardare e di dare certezza
giuridica alle più
importanti
conquiste dell'89, quelle relative all'abolizione dei diritti
feudali, alle libertà civili, alla
difesa della
proprietà. Nel diritto di famiglia venne mantenuto il divorzio in
campo successorio
l'accesso di tutti
i figli all'eredità aboliva definitivamente i privilegi di
primogenitura, che la consuetudine riconosceva non solo alle famiglie
nobili ma, in molte regioni, anche a quelle di altri
ceti sociali.
Veniva così garantita la più ampia circolazione delle proprietà,
uno dei capisaldi del
liberismo
economico e del pensiero riformatore settecentesco. Le strutture
politiche e amministrative e la riforma giuridica contribuivano a
definire un ceto dirigente composto da notabili e proprietari
terrieri i soli a cui era riservato di fatto l'accesso alle cariche
politiche e amministrative, strettamente legati a un regime che
impersonava la loro ascesa recente e la riconciliazione con il
passato. In questo senso, gli anni del consolato realizzarono il
capolavoro
politico di
Bonaparte.
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