L’espansione Europea
Mauro Goretti |
L’espansione Europea (seconda parte).
India, Cina e Giappone.
Le nuove dinastie asiatiche.
Tra il XV e il XVII secolo, i grandi
paesi dell’Asia orientale, India, Cina e Giappone, subirono
importanti trasformazioni politiche. Nuove dinastie si sostituirono
alle precedenti, ponendo fine a situazioni di disordine sociale e
istituzionale. In India e in Cina, inoltre, i nuovi detentori del
potere furono stranieri, invasori giunti fin nel cuore di quelle
antiche civiltà attraverso frontiere deboli e praticamente non
sorvegliate: quelle con l’Iran per l’India, quelle del Nord per
la Cina, dove mongoli, tartari e mancesi (manciù) erano in continuo
fermento.
La fine delle invasioni.
Queste popolazioni nomadi, che già da
alcuni secoli premevano sulle frontiere di quei grandi Stati in
decadenza, finirono però con l’essere assorbite all’interno
delle civiltà del luogo. Infatti, dopo le grandi invasioni del
‘5-600 quella dell’India da parte del turco-mongolo Babur, e
quella della Cina a opera dei mancesi le frontiere dei due Stati si
chiusero, e questa volta saldamente, mettendo fine alla avventura
delle scorrerie e delle conquiste nomadi. I grandi complessi
statali, con la loro amministrazione, le reti di scambio, le
strutture urbane e le attività agricole, e soprattutto con i loro
eserciti disciplinati, occuparono gli spazi aperti, che una volta
erano stati esclusivo dominio dei nomadi, e sbarrarono loro
definitivamente la strada.
La formazione dell’Impero Moghul.
Nel 1526 un esercito composto da tribù
turco-mongole (usbeche) guidate da Babur, detto il
“Conquistatore”, invase il subcontinente indiano dando vita a
quello che, per i tre secoli successivi, sarebbe stato l’Impero
Moghul. Non era la prima volta che l’India subiva un’invasione
musulmana. Nel corso dei secoli il potere del Sultanato di Delhi
era tanto decaduto, che, nel giro di pochi anni,Babur riuscì
a sottomettere per intero l’India del Nord. L’affermazione del
nuovo potere e la sua espansione nel resto dell’India
settentrionale furono portate avanti dai successori del Conquistatore
fino a comprendere, nel XVII secolo, quasi tutti i territori a nord
di Bombay. Il vero punto di forza dell’Impero moghul era tuttavia
“l’esercito”, composto da circa 8000 ufficiali di nobili
origini che reclutavano, a seconda delle possibilità finanziarie, un
numero variabile di mercenari, ai quali dovevano garantire
equipaggiamento e stipendio. Il ruolo riconosciuto ai militari,
nonché il loro numero veramente elevato faceva sì che in ogni
villaggio, unità base della tradizionale società induista, fossero
stanziati almeno due soldati; si garantiva così un efficiente
controllo sia amministrativo che di polizia. La struttura sociale
dello Stato moghul era di tipo “feudale”, con una aristocrazia
opulenta, che derivava i suoi poteri dal sultano, ma non poteva
trasmetterli ereditariamente, e una base contadina molto povera;
mancava invece una borghesia imprenditoriale, anche se mercanti e
artigiani accumulavano non di rado discrete fortune. Le attività
artigianali erano infatti molto sviluppate, nonostante tecniche di
lavorazione arretrate e un sistema di produzione particolarmente
dispersivo. L’arrivo dei nuovi dominatori musulmani aveva
riproposto il grave problema della convivenza tra la cultura islamica
e quella indiana. Le due religioni erano infatti diverse in tutte le
più importanti regole di vita, dalle tradizioni matrimoniali a
quelle alimentari e mentre per l’islamismo era fondamentale
<<conquistare>> nuovi fedeli, per l’induismo si
apparteneva a una religione per nascita. D’altra parte i musulmani
tutti eguali al cospetto del loro Dio inorridivano di fronte al
sistema indù delle “caste” che determinava, una volta per
sempre, l’intero destino sociale ed economico degli individui che
ne facevano parte.
L’intolleranza di Aurangzeb e la disgregazione dell’Impero.
Dalla metà del XVI sec. Fino alla metà
del XVII i difficili rapporti fra le due culture furono parzialmente
sanati grazie a una serie di avvedute riforme che coinvolsero
direttamente l’aristocrazia indù nell’amministrazione e nella
vita politica dello Stato. Il processo di pacificazione interna
venne però interrotto dalla politica intollerante di Aurangzeb
(1658-1707), ultimo imperatore moghul, osservante fino al
fanatismo, che revocò le leggi emanate in favore degli indù
provocando la loro ribellione. I successori di Aurangzeb non
riuscirono a opporsi al crescente potere dei Sultanati indù (i
maratti) che uno dopo l’altro, approfittando della debolezza del
potere centrale, si dichiararono autonomi contribuendo alla
disgregazione dell’Impero. I nuovi Stati regionali indù, sorti in
seguito alla decadenza dello Stato musulmano, non seppero però darsi
una dimensione unitaria e le loro continue ostilità avrebbero
consentito agli inglesi di conquistare l’India tra il XVIII e il
XIX secolo.
La Cina.
Nel corso della sua millenaria storia,
scandita dal dominio di secolari dinastie, la Cina conobbe diverse
dominazioni straniere. Dal 907 al 1368 sul trono del <<Celeste
Impero>> si succedettero ininterrottamente imperatori
<<barbari>>, discendenti di quelle popolazioni
nomadi del Nord che nel X secolo si erano andate costituendo come
regni. I conquistatori, tuttavia, una volta affermata la supremazia
politica sulla Cina venivano di fatto <<conquistati>> e
“sinizzati” al punto di perdere completamente i tratti della
cultura di provenienza. Dopo il lungo periodo di dominazione
straniera si affermò nel XIV secolo la dinastia nazionale Ming
(1368-1644) che governò indisturbata fino all’ultima invasione
di nomadi, provenienti questa volta dalla Manciuria. I mancesi
erano una popolazione nord-orientale che, nella seconda metà del
‘500, creò un potente regno, guidato dalla dinastia Qing. La
debolezza del potere dei Ming, minato dal malcontento contadino,
dall’insoddisfazione della piccola nobiltà di provincia nonché
dalla corruzione dilagante negli apparati dello Stato, rese piuttosto
agevole la penetrazione mancese nell’Impero cinese. Con la presa
di Pechino e il suicidio dell’ultimo imperatore Ming (1644) ebbe
inizio il lungo regno della dinastia Qing, destinato a durare fino al
1912. In un primo tempo il dominio Qing fu improntato a un’aspra
politica di repressione, ma ben presto si avviò un processo di
integrazione nella cultura cinese, soprattutto per quel che
riguardava le sue forme di governo.
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