Mazzini e la Giovine Italia.
Mauro Goretti |
Il Risorgimento italiano, (parte due).
Mazzini e la Giovine Italia.
La crisi della Carboneria.
L'esito negativo delle insurrezioni
nell'Italia centrosettentrionale segnò la crisi irreversibile della
Carboneria; e, più in generale, mise
in evidenza i vizi di fondo dell'impostazione strategica e
organizzativa che aveva fin allora guidato il corso delle rivoluzioni
italiane: la necessità di affidarsi
all'appoggio di sovrani che poi si
rivelavano regolarmente inaffidabili, se non traditori; la fiducia
eccessiva riposta in interventi
stranieri; la segretezza delle trame settarie, che avvolgeva di
mistero
i reali obbiettivi dei moti e
ostacolava una più ampia partecipazione popolare; e soprattutto
l'assenza
di una direzione unitaria, capace di
agire in una prospettiva autenticamente nazionale.
Un nuovo programma d'azione.
Progetti unitari e repubblicani erano
stati affacciati negli ambienti dell'emigrazione italiana già nel
decennio 1820-30. Ma solo all'inizio
degli anni '30, l'ideale dell'unità italiana da conseguirsi
attraverso un'autentica lotta di popolo e non mediante cospirazioni o
accordi con i principi si diffuse
fra i patrioti di orientamento
democratico e si tradusse in dottrina organica e in concreto
programma
d'azione, grazie soprattutto all'opera
di Giuseppe Mazzini.
Giovinezza e formazione politica di Mazzini.
Mazzini era
nato a Genova nel 1805 da una famiglia della borghesia medio alta. Si
era accostato
fin dagli anni
giovanili alle idee democratiche e patriottiche e, nel 1827, aveva
aderito alla Carboneria. Arrestato nel 1830 per la delazione di un
informatore, e posto dalle autorità sabaude
di fronte
all'alternativa fra l'esilio e il confino in un piccolo centro del
Piemonte, era emigrato a
Marsiglia.
Nell'esilio francese, Mazzini entrò
in contatto con i maggiori esponenti dell'emigrazione
democratica,
ma subì anche l'influenza di molte fra le voci più importanti della
cultura politica dell'epoca, da Lamennais a
Saint-Simon. Venne
così prendendo corpo, fin dai primi anni '30, una
concezione
politica personalissima, in cui l'originaria ispirazione
“democratica” si mescolava con
una forte
componente “mistico-religiosa”.
La religiosità mazziniana.
Quella
di Mazzini era una
religiosità tipicamente romantica, dove Dio si
identificava con lo spirito
insito nella
storia, e in ultima analisi con la stessa umanità. La fede nella
libertà e nel progresso
umano doveva
dunque essere vissuta come una fede religiosa. La rivendicazione dei
“diritti” degli
individui e delle
nazioni non poteva essere separata dalla consapevolezza dei “doveri”
dell'uomo
e dalla coscienza
di una missione spettante ai popoli quali strumenti di un disegno
divino (di qui la
celebre formula
mazziniana “Dio e popolo”). Critico severo dell'individualismo
settecentesco,
Mazzini
credeva fermamente nel “principio di associazione”. Al di sopra
dell'individuo c'era la
famiglia, al di
sopra della famiglia la nazione, al di sopra di tutto l'umanità.
Così come gli individui
anche le nazioni
dovevano associarsi per cooperare al bene comune.
L'idea di nazione e la missione d'Italia.
L'idea di nazione aveva nel pensiero di
Mazzini un posto
fondamentale. La “nazione” intesa come
entità culturale
e spirituale, prima ancora che etnica e territoriale era la cellula
fondamentale attraverso cui si sarebbe realizzato il sogno di
un'umanità libera e affratellata. Solo uniti in nazioni
i popoli avrebbero
potuto assolvere alla loro missione storica. All'Italia, in
particolare, spettava il
compito di
abbattere i pilastri principali del vecchio ordine (l'Impero
asburgico e lo Stato pontificio)
e di farsi
iniziatrice di un generale moto di emancipazione. In una concezione
come questa, tutta
imperniata sui
valori ideali e sulla tensione verso l'unità non c'era posto per le
teorie materialistiche
o <<
economistiche >> e per le tematiche legate alla lotta di
classe. Mazzini non
ignorava i problemi sociali ed era favorevole a riforme anche audaci,
ma difendeva il diritto di proprietà come
base dell'ordine
sociale considerando pericolosa qualsiasi teoria che tendesse a
rompere l'unità
spirituale del
popolo.
Il programma politico di Mazzini.
Se le formulazioni ideologiche di
Mazzini potevano apparire
poco concrete, il suo programma politico era invece di un'estrema
chiarezza. L'Italia doveva rendersi “indipendente” e darsi una
forma di governo
“unitaria” e “repubblicana”. Erede, almeno in questo, della
tradizione giacobina,
Mazzini non
ammetteva alcun compromesso con il principio monarchico e rifiutava
ogni soluzione
di tipo
federalistico. La via per giungere all'unità e all'indipendenza era
solo una: “l'insurrezione di
popolo”, di
tutto il popolo senza distinzioni di classe. Lo strumento per
realizzare l'insurrezione
di popolo era una
organizzazione di tipo nuovo che, anziché nascondere agli affiliati
i suoi scopi
ultimi, li
rendesse subito palesi e propagandasse apertamente i suoi principi
fondamentali, svolgendo così, accanto all'azione cospirativa,
un'opera di continua “educazione politica”.
La nascita della “Giovine Italia”.
La
nuova organizzazione nacque in Francia, nell'estate del '31, si
chiamò Giovine Italia, adottò
come
vessillo la bandiera tricolore e riunì attorno a Mazzini
numerosi emigrati dell'ultima
generazione e molti giovani democratici che ancora operavano in
Italia. Convinti della necessità
di un
legame strettissimo tra “pensiero e azione”, Mazzini e
i suoi seguaci non aspettarono il
maturare di
condizioni internazionali favorevoli per mettere in atto i loro
progetti e organizzarono,
negli anni '30-40,
una serie di tentativi insurrezionali in Italia, tutti però falliti.
Le iniziative mazziniane.
Nell'aprile del 1833 fu scoperta una
congiura nel Regno di Sardegna, dove la Giovine Italia era
riuscita a fare numerosi proseliti tra
le file dell'esercito; nel febbraio 1834 fu bloccato sul nascere
il progetto di una spedizione che
avrebbe dovuto penetrare in “Savoia” dalla Svizzera,
contemporaneamente a un'insurrezione da attuarsi a Genova. Nel 1843
e nel 1845 furono soffocati
tentativi insurrezionali nelle
“Legazioni pontificie” e a Rimini; nel giugno-luglio 1844 fallì
una
spedizione in Calabria organizzata da
due giovani veneziani, i fratelli “Bandiera”, ufficiali della
marina austriaca aderenti alla Giovine
Italia, che avevano sperato di far sollevare le masse contadine. Né
i moti in Emilia-Romagna né la spedizione dei Bandiera erano stati
organizzati
da Mazzini, che
anzi aveva espresso un parere negativo sulla opportunità di queste
iniziative.
Ma il ripetersi di
episodi insurrezionali ispirati dai repubblicani e immancabilmente
destinati al
fallimento
contribuì ad alimentare le critiche nei confronti dei metodi
mazziniani e fornì nuovi argomenti alle polemiche di parte moderata
contro le strategie rivoluzionarie.
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