La Rivoluzione Francese. Parte terza.

Mauro Goretti

La Rivoluzione Francese. Parte terza.

Il rovesciamento dell'ancien régime.

La crisi economica dell'88-89.

Fra le cause immediate della rivoluzione, accanto alla debolezza della monarchia, decisiva fu la
mobilitazione politica del Terzo stato fra la fine del 1788 e gli inizi del 1789. Nello stesso periodo
cominciarono a essere evidenti gli effetti della crisi economica. Il pessimo raccolto agricolo del
1788 aveva infatti determinato un'improvvisa impennata dei prezzi del frumento (+50-100%).
L'incremento del prezzo del pane, che né derivò, ridusse la capacità di acquisto complessiva delle classi popolari e determinò quindi, in virtù della minore domanda, una “crisi produttiva” e una
“diminuzione del numero degli occupati”.

Le elezioni dei deputati agli Stati generali.

Il 1789 si aprì dunque con una situazione di forte tensione negli strati popolari, in particolare urbani,
che diede luogo a molti tumulti per il carovita. A marzo si tennero le elezioni (a solo suffragio maschile) dei deputati agli Stati generali. Nonostante l'ampiezza dell'elettorato contadino e artigiano, i deputati del Terzo stato furono tutti di estrazione borghese: quasi la metà dei 578 membri della deputazione risultò composta da uomini di legge, di cui almeno 200 erano avvocati;
80-100 erano i commercianti, mercanti e finanzieri, e circa 50 i proprietari terrieri; una trentina erano gli uomini di scienza, fra cui molti medici. Furono eletti nel Terzo stato anche due transfughi
dagli altri ordini, l'abate Sieyès e il conte Mirabeau, esponenti di spicco del “partito nazionale”.
Su 291 rappresentanti del clero i curati erano la stragrande maggioranza e molti aderivano ai programmi del Terzo stato. Ma anche nell'alto clero non mancavano i fautori del mutamento, come
il vescovo di Autun, Talleyrand. I più intransigenti difensori della società d'ordini erano invece i
nobili: tuttavia su 270 un terzo circa erano gli esponenti liberali, fra cui il marchese di “La Fayette”,
reduce della guerra d'indipendenza americana.

Gli Stati generali si riuniscono.

Al momento della seduta inaugurale degli Stati generali, a Versailles il 5 maggio in quella che fu l'ultima grande rappresentazione della società d'ordini, la maggioranza numerica dei deputati era
dunque favorevole a un profondo rinnovamento delle strutture politiche e amministrative.
Ma questa maggioranza non era in grado di far valere il proprio peso finchè non venisse riconosciuto il voto per testa. Ancora una volta l'iniziativa spettò al Terzo stato che, con l'appoggio di alcuni membri del basso clero, il 17 giugno si autoproclamò Assemblea nazionale. Il 20, i
deputati, trovata chiusa per ordine del re la loro sede, riuniti nella “Sala della Pallacorda” (un locale adibito a un gioco simile al tennis), giurarono di non sciogliersi prima di aver dato alla Francia una
costituzione.

L'Assemblea nazionale costituente.

A essi si aggiunse la maggioranza del clero e, dopo qualche giorno, il re dovette cedere e ordinò alla
nobiltà e alla minoranza del clero di unirsi al Terzo stato (27 giugno). A questo punto l'antico sistema rappresentativo della società per ceti, gli Stati generali, cessava di esistere e di lì a poco
nasceva (9 luglio) l'Assemblea nazionale costituente. Mentre la monarchia si preparava ad arginare e a reprimere questa rivoluzione istituzionale, Parigi era in subbuglio. Il “licenziamento di
Necker”, direttore generale delle finanze ed elemento moderato del governo, apparve come l'inizio
di un tentativo (confermato da movimenti di truppe) di rovesciare con le armi i successi del Terzo stato. A Parigi, come risposta a queste preoccupazioni, cominciò a formarsi (13 luglio) una “milizia borghese” con lo scopo di contrapporsi alla repressione regia e tenere eventualmente sotto controllo
le iniziative popolari. Nelle stesse ore strati consistenti di popolo minuto si venivano armando.

L'assalto alla Bastiglia.

Il 14 luglio, alla ricerca di armi, un corteo popolare giunse sotto le mura del castello della Bastiglia,
la prigione fortezza posta nella parte orientale della città. La guarnigione aprì il fuoco e fece un
centinaio di morti, ma dovette arrendersi al minacciato assalto della folla. Tre soldati e tre ufficiali
furono massacrati; più tardi vennero uccisi anche il governatore della Bastiglia e il capo dei mercanti (che si era opposto all'armamento del popolo): le loro teste infilzate su una picca fecero il
giro della città. Prima di una lunga serie di << giornate >> rivoluzionarie, il 14 luglio sarà considerata in seguito la data iniziale della rivoluzione, per divenire, dal 1880, festa nazionale francese. E in effetti la presa della Bastiglia impresse una svolta alla vicenda rivoluzionaria: il
“popolo parigino” irrompeva prepotentemente sulla scena. Un “popolo” composto soprattutto da
piccoli commercianti e artigiani, per oltre 2/3 alfabetizzati, e poi da lavoranti (spesso a giornata) ,
da impiegati e da qualche professionista. Tutto il successivo corso degli avvenimenti sarebbe stato
condizionato da questa decisiva presenza e dalla necessità di misurarsi con la volontà di trasformazione delle masse popolari e con la loro, talvolta non prevedibile, violenza.

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