Florentia Etruscorum, un porto sull’Arno. Storia.
Florentia Etruscorum, un porto sull’Arno. Storia.
Immaginiamoci
la Piana fiorentina all’alba del I millennio a. C., una grande
distesa verde, incastonata tra il Montalbano e le prime pendici degli
Appennini: boschi e grandi specchi d’acqua, interrotti da radure
coltivate e basse colline. Qui, in prossimità dell’Arno e dei
fiumi navigabili, piccoli agglomerati di palafitte, con pontili e
banchine per le imbarcazioni a basso pescaggio. Sono gli avamposti
di una civilizzazione cominciata ai margini delle aree limacciose e
il punto di appoggio per gli spostamenti lungo le vie d’acqua che
dalla Piana si proiettano verso il mare: “l’ipotesi che a Firenze
già in epoca preetrusca ed etrusca esistesse un piccolo insediamento
nell’area dove sorgerà il porto romano è un’idea che ci ha
sempre affascinato “ spiega il Gruppo Archeologico Fiorentino; è
certo ormai che gli Etruschi risalissero e discendessero l’Arno fin
dal’VIII secolo a.C., come dimostrano gli scali fluviali di Pisa,
Empoli Vecchia e anche quello recentemente localizzato a Figline.
Prima di loro è ipotizzabile che i Villanoviani abbiano avuto
contatti e scambi con popolazioni micenee e sarde. Le stesse tombe
della Mula e della Montagnola, proprio per le loro caratteristiche
costruttive, potrebbero rifarsi a modelli importati dall’Egeo e dal
Tirreno, attraverso la direttrice dell’Arno già prima dello
sviluppo della civiltà etrusca. Si tratterebbe in questo caso di
sepolture più antiche rispetto agli oggetti che sono stati trovati
dentro. È lecito chiedersi attraverso quali luoghi abbiano
circolato idee elaborate in ambiti così diversi. In relazione alla
Piana, uno di questi luoghi potrebbe essere stato proprio il
porticciolo sull’Arno nell’area oggi occupata da Piazza Mentana a
Firenze. Il saggio, che per la prima volta affronta in maniera
esplicita le problematiche legate ad un possibile insediamento
etrusco a Firenze, si compone di parti di ricerca, indagini
analitiche e inserti romanzanti. Per anni gli archeologi si sono
dedicati alla divulgazione sulle antichità di Firenze e Fiesole
attraverso mostre e pubblicazioni, hanno scelto questa formula
inedita per sviluppare un’ipotesi già presente negli scritti del
prof Antonio Minto, Sopraintendente alle antichità per l’Etruria
dal 1925 al 1951 e docente di etruscologia nell’università di
Firenze: “Nel 1926 nei pressi dell’arcone
di Piazza della Repubblica, venne ritrovato un foculo in bucchero di
chiara provenienza etrusca, ovvero un contenitore di braci che
serviva da scaldavivande. Questo reperto venne messo in connessione
con altri ritrovamenti avvenuti durante gli scavi di fine Ottocento
nel centro della città: si trattava di due bronzetti, uno
rappresentante un guerriero e l’altro un giovane nudo e di un cippo
di arenaria usato come materiale da costruzione per l’antica chiesa
di San Tommaso. Se Minto pensava già ad una presenza stabile degli
etruschi a Firenze, altri studiosi erano più propensi a mettere in
relazione questi oggetti con le produzioni fiesolane. Gli sciagurati
lavori di fine Ottocento misero in evidenza però anche altri
importanti aspetti della Firenze pre romana innanzitutto la necropoli
villanoviana risalente alla prima metà del ferro, che si estendeva
tra Via Pellicceria e Via del Campidoglio e della quale vennero
riportati alla luce orci e ziri. Essa faceva presumibilmente
riferimento ad un villaggio che sorgeva vicino all’attuale
Orsanmichele, in un punto abbastanza alto della città, al riparo
dalle inondazioni dell’Arno. Anche altri ritrovamenti effettuati
durante gli scavi di Piazza della Signoria inducono a retro datare
l’inizio della storia di Firenze: ci sono frammenti ceramici greci
della seconda metà del VIII secolo e alcuni bronzetti votivi
etruschi, riconducibile ad aree sacre poi tramandate alle generazioni
romane “. Nel libro si insiste molto
sull’importanza delle steli fiesolane e sui percorsi sacri che
dall’antica città di Fiesole scendevano a valle in direzione del
porto sull’Arno: “Fiesole è molto più
antica di quello che si pensa e va vista in quella fase in cui era
ancora un villaggio pre urbano, che insisteva sull’acropoli. Qui
si può parlare di un insediamento già intorno al 1000 a. C. a
confermarcelo ci sarebbero alcune ceramiche appenniniche, con le anse
a corna di lumaca ritrovate lungo le pendici del colle di San
Francesco. Questo insediamento fortificato dominava la Piana
fiorentina e da qui in epoca etrusca si dipartiva un percorso sacro
segnato da sepolture di un certo rilievo, le cui tracce vanno
ricercate nei cippi, come quello ritrovato nel 1981 in via dei Bruni.
A questi si aggiungono i tular, i cippi confinari: tre di queste
pietre, ritrovate in uno scantinato in via Calimaruzza, vennero
riutilizzate in epoca romana per la costruzione della porta sud di
Florentia. Questi segnacoli oltre a dare indicazioni utili
sull’approssimarsi del fiume, delimitavano forse i confini tra
Fiesole e Florentia etruscorum”. Nella
seconda parte del libro si entra nel vivo delle questioni riguardanti
la cittadella etrusca, partendo da un importante ritrovamento fatto
durante i lavori di ristrutturazione di un edificio ottocentesco
nella zona di via del Proconsolo: “Negli
scavi effettuati tra il 2003 e il 2004 è stato individuato un canale
con andamento nord-ovest-sud-est, vicino ad una fossa circolare
caratterizzata da buche, che servivano verosimilmente ad alloggiare i
pali su cui si reggevano delle palafitte. Nella fossa sono stati
ritrovati dei frammenti di ciottola recanti iscrizioni etrusche del
VII e VI secolo a. C. questi ritrovamenti ed una attenta analisi
della quadratura di strade dietro a Palazzo Vecchio può far pensare
ad un originario insediamento etrusco, sviluppatosi in stretto
rapporto con l’Arno: un grosso agglomerato abitativo con magazzini,
capannoni e laboratori, utili commerci dei fiesolani e delle genti
della Piana. Possiamo ipotizzare, come nel caso di Gonfienti, un
emporio, fatto di case di legno poggianti su pali e di un molo in
muratura per l’attracco delle barche, forse quello stesso
muraglione che si trova a quattro metri di profondità sotto il
monumento d Piazza Mentana e che è stato rinvenuto nel 1901. Il
tutto poggiava forse su delle isole che
l’Arno periodicamente faceva e disfaceva. Un esempio di
insediamento simile a questo potrebbe essere quello di Castellazzo
(1300-1200 a.C.) nella Pianura Padana con palafitte difese da un
argine ed inserite in quadrati abitativi”. Le
ipotesi portati avanti coraggiosamente dagli archeologi, non possono
per il momento trovare ulteriori conferme in ricerche archeologiche
sul campo. Nel centro di Firenze è quasi impossibile effettuare
saggi scavi archeologici. La speranza è che i periodici lavori di
ristrutturazione degli edifici e delle strade della città riportino
alla luce altri reperti riferibili alla Firenze etrusca, aprendo uno
scenario ritenuto fino a qualche anno fa un puro esercizio di
fantasia.
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