Il Duca degli Abruzzi. Storia.
Il Duca degli Abruzzi. Storia.
All'età
di sei anni e mezzo Luigi di Savoia veniva ammesso nella Marina
italiana in qualità di mozzo! Indossava così, per la prima volta,
la divisa di marinaio che non lasciò fino alla morte. Figlio di
Amedeo Duca d'Aosta, un fratello di Umberto I, e di Maria Vittoria,
principessa Dal Pozzo della Cisterna, Luigi di Savoia nacque a Madrid
il 29 gennaio 1873; dopo poche settimane, venne in Italia con i
genitori ed i due fratelli. Una grave sventura lo colpì ben presto:
non aveva ancora quattro anni quando gli morì la mamma; il piccolo
venne allora affidato alle cure materne della zia, la regina d'Italia
Margherita. Aveva solamente 15 anni quando incominciò i corsi
normali dell'Accademia Navale di Livorno, che seguì con grande
profitto.
I primi viaggi.
A
17 anni partì per il suo primo viaggio verso l'America del Sud, a
bordo della nave scuola “Amerigo Vespucci”. I viaggi di
addestramento sulle navi scuola si susseguirono sempre più numerosi
e frequenti. Durante le brevi vacanze, mentre i suoi compagni si
riposavano a terra, Luigi di Savoia si recava sulle Alpi, per dare
sfogo ad un'altra passione: l'alpinismo. Viaggiare, esplorare terre
sconosciute, era il suo sogno; nessun ostacolo lo arrestava e, non
essendosi sposato, non ebbe vincoli familiari che lo trattenessero.
La sua prima vera spedizione fu diretta al Monte S. Elia, alla
frontiera fra Alaska e Canada, nel 1897: dopo 41 giorni di marcia
durissima sui ghiacci, fra valanghe e frane, egli raggiunse la vetta
della montagna.
La spedizione polare.
La
spedizione al Monte S. Elia fu il primo approccio con i ghiacci.
Dopo due anni, il Duca era di nuovo in viaggio: voleva raggiungere il
Polo Nord, che solo Nansen, prima di lui, aveva tentato di violare.
Acquistò una baleniera, la nave più adatta alla navigazione fra i
ghiacci, che battezzò col significativo nome di “Stella polare”.
Il 12 giugno 1899 la spedizione partì da Cristiania (oggi Oslo).
Raggiunta l'isola Rodolfo, Luigi di Savoia vi sbarcò per passare
l'inverno. I ghiacci circindarono e strinsero la nave, che solo a
stento potè essere salvata. Gli uomini si accamparono sotto robuste
tende, riscaldate con stufe a carbone. Il Duca Luigi come era
affettuosamente chiamato dai marinai divise tutti i disagi con i suoi
compagni, vivendo sotto una piccola tenda, con un cassone che gli
faceva da letto e da armadio. Durante un giro di perlustrazione, la
temperatura si abbassò improvvisamente a -20°; il principe ebbe
congelate due dita che dovettero essergli amputate. Per evitare
pericolose ricadute, ed essendo impacciato nei movimenti, fu
costretto a rinunciare al suo sogno di raggiungere il polo. Affidò
allora il comando al capitano Cagni, che raggiunse la latitudine di
86° 34'; poi, essendo terminati i viveri, fu costretto a ritornare.
Sulla via del ritorno una nuova dolorosa prova attendeva il Duca: la
prima notizia che gli venne data dall'Italia fu quella
dell'assassinio dello zio, il re Umberto I.
Dal mare ai ghiacciai.
I
viaggi per mare si alternavano continuamente alle ascensioni in
montagna: nel 1902 Luigi di Savoia partì per una crociera intorno al
mondo, che durò circa 20 mesi, durante i quali visitò le numerose
colonie di Italiani nell'America del Sud e in Australia; raggiunse
poi la Cina, l'Indocina, l'India. Nel 1906 andò in Africa per
esplorare il massiccio del Ruwenzori, scalando per primo la vetta.
Nel 1909 partì per una spedizione al K2, la seconda vetta del mondo,
nell'Himalaya; ma la montagna si dimostrò inaccessibile agli
scalatori. Egli raggiunse allora il vicino monte Bride Peak di 7654
metri, e qui riuscì a conquistare il primato della massima altezza
raggiunta fino allora dall'uomo, giungendo a 150 metri dalla vetta.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, venne nominato comandante
in capo delle forze navali italiane, francesi e inglesi operanti
nell'Adriatico. A causa di rivalità sorte fra i comandanti inglesi
e francesi che avrebbero dovuto stare alle sue dipendenze, il 7
febbraio 1917 lasciò l'Armata. Il suo spirito di pioniere lo portò
in Somalia: si fermò in una località particolarmente fertile, a 120
km da Mogadiscio, fra i fiumi Uebi Scebeli e Giuba, e vi fece
costruire dighe, canali di irrigazione, ferrovie, creando un centro
vitale e dando l'avvio ad un'importante colonizzazione agricola
italiana. Le fatiche e i patimenti sofferti avevano però lasciato
una traccia sul suo corpo: una grave malattia lo colpì al ritorno in
Italia; quando si rese conto che la vita stava per lasciarlo, andò
in Somalia, nel villaggio che porta il suo nome, Villabruzzi, e che
rappresentava per lui l'ultima vittoria. Qui morì all'età di
sessanta anni, il 18 marzo 1933 e venne sepolto in una tomba modesta.
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