Alcibiade. Storia greca.
Alcibiade. Storia greca.
Nell'anno
420 avanti Cristo, l'assemblea ateniese elesse, tra i dieci generali
che comandavano le forze armate, il giovane Alcibiade. All'elezione
era presente un certo Timone, vecchio misantropo che odiava gli
uomini e godeva delle loro disgrazie. Costui, alla notizia di quella
scelta, si fregò le mani sogghignando giulivo e soddisfatto. In
verità fu una scelta disgraziata. Ma chi poteva resistere al
fascino di quel giovane bellissimo, intelligente e coraggioso? È
vero, egli era impulsivo e insolente; eppure tutta Atene era ammirata
dalla sua eloquenza travolgente, dalla sua arguzia, dalle battute
spiritose che facevano il giro di tutta la città, perfino dei suoi
tanti difetti e dei suoi molti delitti. Alcibiade era uno di quegli
uomini che è pericoloso avere con sé, e più ancora avere contro.
Atene, per sua sfortuna, fece entrambe le esperienze.
La vita.
Alcibiade
nacque ad Atene nel 450 avanti Cristo. Sua madre era cugina di
Pericle e il giovane crebbe nella casa di costui, dopo la morte del
padre, ucciso nella battaglia di Coronea. Il grande Pericle si
affezionò al giovane, che si mostrava intelligentissimo e parecchio
sveglio; cercò anzi di disciplinare ed educare le molte doti del
cugino, ma con scarso risultato. Alcibiade rivelò presto un
carattere ambiziosissimo e senza scrupoli; pur di brillare, di
mettersi in vista, di far carriera, non badava ai mezzi. Lo stesso
Socrate, il geniale filosofo ateniese che gli faceva da maestro, si
disperava nel vedere il suo allievo comportarsi in maniera così
insensata. Un giorno, per scommessa, Alcibiade schiaffeggiò in
pubblico un certo Ipponaco, uno degli uomini più ricchi e più in
vista della città. L'indomani mattina entrò nella casa
dell'atterrito vecchio, si denudo, e lo pregò di castigarlo
bastonandolo di santa ragione. Si dice che Ipponaco fosse li li per
diventare matto per la sorpresa. La conclusione fu questa: Ipponaco
diede in sposa ad Alcibiade sua figlia Ipparete, il più bel partito
di Atene, con una dote di dieci talenti (equivalenti a più o meno
circa cento mila euro). Con simili castighi era difficile che
Alcibiade, anche se avesse voluto, migliorasse. I talenti della dote
se ne andarono in viaggi, baldorie, vestiti e, in massima parte,
nell'acquisto di cavalli da corsa, che erano la grande passione del
giovane.
La politica.
Un
uomo ambizioso come Alcibiade non poteva non desiderare di ottenere
il governo della città. L'uomo politico più importante, dopo la
morte di Pericle, era un certo Nicia, ricchissimo aristocratico a
capo del partito. Alcibiade odiava quel ricco che ostentava la sua
devozione agli dei. Pertanto si mise nel partito avverso, quello
democratico. Nicia predicava la pace, Alcibiade voleva la guerra.
Quando l'assemblea ateniese elesse Alcibiade generale, venne convinta
dall'ateniese che per ristabilire le sorti della città si doveva
occupare la Sicilia, ricca e fertile. Nella primavera del 415 avanti
Cristo la flotta doveva far vela verso Siracusa, alleata di Sparta.
Nicia supplicò di rinunciare a quell'impresa. Ma nessuno poteva
resistere alle eloquenze di Alcibiade. La flotta venne preparata e
fu stabilito il giorno della partenza: il comando fu dato ai due
avversari politici. La mattina della partenza si sparse una notizia
allarmante: nella notte moltissime statue del dio Mercurio erano
state mutilate. Si dava la colpa ad un gruppo di facinorosi, guidati
dallo stesso Alcibiade. Quasi sicuramente c'era lo zampino degli
aristocratici che volevano evitare la guerra. Intanto Alcibiade
avrebbe voluto rimanere per discolparsi, ma l'ordine di partenze
venne dato. Mentre la flotta era in viaggio vennero in luce altri
particolari che indicavano Alcibiade come il vero responsabile di
quegli atti sacrileghi. Venne mandata una piccola nave veloce sulle
scie della flotta per prelevare il generale. Ma Alcibiade riuscì a
fuggire e non trovò di meglio che rifugiarsi a Sparta. Con la
massima disinvoltura si mise al servizio del re spartano, al quale
diede tutti i consigli possibili per danneggiare Atene. Ma ben
presto anche da Sparta Alcibiade dovette fuggire e andò a finire a
Sardi presso un ammiraglio persiano al quale offrì i suoi servigi
contro Sparta. Intanto Atene, subita a Siracusa una tremenda
sconfitta, perdette molto del suo prestigio e molte città le si
ribellarono. Gli Ateniesi non sapevano più che cosa fare; erano
tanto sconvolti che si rivolsero al traditore Alcibiade. Costui
prese il comando della flotta Assamo e mise ancora in mostra la sua
genialità strategica. Entrò in azione con una celerità e un
successo strabilianti. Per il momento le sorti della guerra erano in
favore di Atene, che decretò ad Alcibiade un grande trionfo. Ma
Atene si era dimenticata di mandare la paga ai marinai della sua
flotta. Alcibiade, con la sua sfacciata disinvoltura e la mancanza
di ogni scrupolo, decise di provvedere da sé. Lasciata la flotta
sotto il comando di un suo subalterno, si avviò con una piccola
scorta verso al Caria per metterla a sacco e rifornirsi di quattrini.
Nel frattempo il suo subalterno uscì dal rifugio e incontrò la
flotta spartana. Venne sconfitto. L'assemblea ateniese dichiarò
Alcibiade responsabile di quella sciagura e Alcibiade, per l'ennesima
volta, fuggì, in Bitinia. Dopo un paio d'anni Atene, a prezzo di
sacrifici estremi, ricostruì una nuova flotta, che veleggiò verso
il Mar di Marmara per affrontare gli Spartani. Dal suo nascondiglio
tra le colline Alcibiade vide avvicinarsi la flotta della sua città
e mettersi in posizione di battaglia. Era una posizione pericolosa e
Alcibiade, mettendo a repentaglio la propria vita, corse giù sino al
mare e cercò di spiegare all'ammiraglio il suo errore, ma non venne
ascoltato e la flotta subì la sconfitta. Lisandro, re spartano, era
venuto a sapere del nascondiglio di Alcibiade e lo mandò a cercare
per farlo uccidere. Alcibiade trovò rifugio presso il generale
persiano Farnabaso, ma costui venne convinto dal re spartano ad
uccidere Alcibiade. L'ateniese, scorti dei soldati armati, uscì dal
suo rifugio con la spada in pugno. Fece pochi passi e un nugolo di
frecce lo uccise. Così moriva, a soli 46 anni di età, uno degli
uomini più geniali e ambiziosi della storia antica.
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