Eugenio Barsanti. I grandi della scienza.
Eugenio Barsanti. I grandi della scienza.
“E'
meravigliosa!Una macchina così semplice,e riesce a far andare questo
grosso trapano. La
vostra
invenzione,Padre,sostituirà le macchine a vapore,molto più
ingombranti,costose e
imperfette.”
“Anche il mio motore non è perfetto; ad esempio,il cilindro si
riscalda troppo,dovrò
diminuire
la potenza degli scoppi e,nello stesso tempo,studiare un sistema di
raffreddamento”.
Questo
colloquio si svolgeva a Firenze nelle Officine Ferroviarie di Porta a
Prato,nel gennaio
del
1856,fra un ingegnere e il padre scolopio Eugenio Barsanti. Dinnanzi
a loro la macchina
continuava
a funzionare producendo una serie ininterrotta di piccole esplosioni:
era il primo
motore
a scoppio. Esso era stato inventato e costruito dai fisici Eugenio
Barsanti e Felice
Matteucci,ed
era il primo motore che sfruttava utilmente la forza dell'esplosione
di un miscuglio
detonante.
Da quel primo motore,reso sempre più potente,hanno origine i milioni
di motore a
scoppio
che oggi fanno muovere automobili,aeroplani,navi e un'infinità di
macchine nelle industrie
più
disparate del mondo.
La vita.
Eugenio
Barsanti nacque a Pietrasanta (Lucca) il 12 ottobre 1821. Compì gli
studi medi e
superiori
nella propria città presso l'istituto dell'Ordine religioso degli
Scolopi conosciuto anche
come
istituto delle Scuole pie. Sin da allora il giovane dimostrava una
grande attitudine per le
scienze
matematiche. Il giovane Barsanti,che allora si chiamava Niccolò,si
sentiva attratto verso
la
vita religiosa e,a 17 anni,entrò nell'Ordine delle Scuole
pie,mutando il nome di Niccolò in
quello
di Eugenio. Terminati gli studi venne mandato ad insegnare fisica e
matematica nell'istituto
di
Volterra. Per parecchi mesi egli insegnò e lavorò. Rimaneva per ore
e ore nella sala di fisica
a
costruire con ingegnosità molti strumenti di cui la scuola mancava.
Fu qui che nacque in lui
l'idea
del meraviglioso motore. Già da alcuni giorni ripeteva davanti agli
scolari l'esperienza
della
pistola di Volta: un gas,introdotto in un recipiente poi chiuso con
un tappo,veniva fatto
esplodere
a mezzo di una scintilla elettrica e,nello scoppio,il tappo veniva
lanciato fuori. Gli venne
in
mente che la forza sviluppata dall'esplosione del miscuglio di
idrogeno e aria potesse essere
applicata
come forza motrice in un meccanismo somigliante alle macchine a
vapore. Il problema
era
già stato studiato da altri fisici,fra i quali Volta e il milanese
De Cristoforis,ma non era stata
trovata
alcuna soluzione. Fu il Barsanti a dare alla questione un carattere
pratico di applicazione
industriale.
Nel 1849 Barsanti venne mandato a Firenze come professore di fisica
al collegio di
San
Giovannino. Qui egli iniziò i primi tentativi di esperienza con la
collaborazione di Felice
Matteucci,un
buon fisico e idraulico. Iniziò così per Barsanti un periodo di
intenso lavoro,di
ricerche,di
modifiche,di vittorie e delusioni. I motori dei fisici italiani
vennero presentati a varie
Esposizioni
Internazionali e illustrati da riviste scientifiche. Per lo
sfruttamento della nuova
invenzione
venne costituita una società capeggiata dai due inventori; ad essa
pervennero molte
richieste,specialmente
di motori di piccola potenza. La società decise di affidarne la
costruzione
ad
una fabbrica di Liegi in Belgio. Lo stesso Barsanti dovette recarsi
nella città belga per illustrare
il
funzionamento del motore. Era malaticcio e quasi cieco per il
continuo affannarsi con progetti,
calcoli
e disegni intorno alla sua invenzione. A Liegi il padre scolopio ebbe
un'accoglienza
veramente
entusiastica. La sua invenzione venne apprezzata e molto ammirata.
Dirigenti e operai
dell'officina
belga si recavano ad osservarla e insistevano per vederla funzionare.
Questa
accoglienza
entusiastica fu il primo e l'ultimo trionfo di padre Barsanti. Dopo
pochi giorni,
egli
si ammalò di tifo e il 18 aprile 1864,a 42 anni,morì lontano dalla
patria,assistito dal fratello.
Molti
non considerarono Barsanti come l'inventore del motore a scoppio; ma
la priorità
dell'invenzione
del fisico italiano appare evidente dal confronto delle date dei suoi
brevetti con
quelle
dei brevetti stranieri.
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