La rivoluzione francese.


La rivoluzione francese.

Crisi e mobilitazione politica.
La rivoluzione francese trasformò il sistema di potere, i contenuti e i metodi della politica non solo in Francia, ma in tutta l'Europa continentale. Fu una trasformazione radicale, profonda: mescolò
sangue e violenza, passioni civili e immaginazione politica. Inventò e propagandò nuovi miti.
Nulla nella storia della civiltà occidentale può a maggior titolo rivendicare il nome di rivoluzione.

Le radici della rivoluzione.
La rivoluzione scoppiata nel 1789 affondava le sue radici nella lunga crisi attraversata dalla Francia
nel XVIII secolo. Dalla morte di Luigi XVI (1715), l'assolutismo si era indebolito senza riuscire a riformarsi; monarchia e ceti privilegiati si confrontavano senza che l'uno e gli altri riuscissero a prevalere. La dinamica politica appariva soffocata, nonostante una vivacità del dibattito culturale e una partecipazione delle èlites colte che non aveva eguali nel resto d'Europa. Fra i tanti problemi di governo, uno sembrava riassumerli tutti: l'incapacità di risolvere la “crisi finanziaria”. L'indebitamento statale aveva raggiunto da tempo dimensioni tali da esigere la tassazione dei ceti privilegiati, clero e nobiltà che ne erano esenti. Era un passaggio obbligato per la monarchia assoluta che aveva fondato fin dalle origini i propri poteri sul controllo delle tasse. Ma significava mettere in discussione i fondamenti della società d'ordini, che escludeva l'eguaglianza fiscale.
Clero e nobiltà non accettavano di scendere al rango del Terzo stato; la monarchia e il re Luigi XVI
(succeduto al nonno Luigi XV nel 1774) non avevano del resto né il prestigio per trovare un consenso a queste riforme né la forza per imporle.

Convocazione degli Stati generali.
Nell'estate del 1787, cominciò a prendere corpo la richiesta di affidare la soluzione della questione fiscale agli “Stati generali”, l'assemblea degli ordini non più convocata dal 1614. I mesi successivi videro una progressiva mobilitazione politica della società e dei corpi sociali che costrinse il re
(agosto 1788) alla “convocazione degli Stati generali” per il maggio 1789. L'obbiettivo di restaurare l'antica rappresentanza dei ceti registrò una provvisoria coincidenza di interessi fra nobiltà e Terzo stato.

La nobiltà.
La “nobiltà” era stata protagonista, negli ultimi decenni, di un notevole dinamismo politico: non solo la nobiltà di toga (quella composta dai magistrati e dagli alti funzionari di recente mobilitazione), ma anche quella di spada (l'antica nobiltà << di sangue >> ) che aveva ribadito antichi privilegi (per esempio nel 1781 fu riconfermato che solo gli aristocratici con << quattro quarti >> di nobiltà potevano divenire ufficiali dell'esercito). I contadini avevano, di conseguenza, visto progressivamente inasprirsi lo sfruttamento feudale insieme al tentativo di ridare vigore a norme e tributi caduti in disuso ( reazione feudale).

Il Terzo stato.
Il “Terzo stato” raccoglieva indistintamente tutti i francesi che non erano né nobili né ecclesiastici: la grande borghesia dei commerci, delle manifatture e della finanza, la borghesia media delle professioni e della cultura, gli artigiani e i lavoratori urbani, i proprietari terrieri medi e piccoli, infine i contadini e i braccianti rurali. Su una popolazione totale di 24-25 milioni, il Terzo stato
rappresentava in percentuale il 98%. Meno di 400.000 erano i nobili (1,5%), mentre il clero contava forse 130.000 unità (0,5%) fra basso e alto clero, secolari e regolari (rispettivamente parroci e prelati, sacerdoti e appartenenti agli ordini monastici). La popolazione era, in stragrande maggioranza (20 milioni di persone), insediata nelle campagne: quella francese era la struttura tipica della società di ancien règime. Finanzieri e banchieri come l'allora direttore generale delle Finanze Jacques Necker (di origine ginevrina) erano le figure di maggiore prestigio della borghesia.
Ma più importanti si riveleranno nelle successive vicende politiche gli uomini di legge, gli avvocati
soprattutto, uomini colti, partecipi di quel dinamismo culturale che caratterizzava la società dei Lumi.



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