L'Illuminismo in Italia.


L'Illuminismo in Italia.

Particolarmente ricco fu l'apporto dell'Italia al movimento illuminista, soprattutto per l'attenzione
rivolta ai problemi dell'economia e degli ordinamenti giuridici. Personalità complessa, dotato di una cultura composita ed eterogenea, Giambattista Vico (1668-1744) affrontò in modo originale
e innovativo le problematiche della storia. Questa “scienza nuova” (è il titolo della sua opera maggiore, 1725-44), unica fonte del sapere contrapposta all'aridità delle scienze fisico-matematiche,
riconosceva le regole costanti di un divenire storico scandito da fasi identiche che similmente e
ciclicamente” ricorrono per tutti i popoli. Nell'Istoria civile del regno di Napoli 817239 Pietro Giannone (1676-1748) rivendicò la supremazia dello Stato sulla Chiesa e pose le basi storiche del
“giurisdizionalismo”. Le sue teorie, ostili a ogni forma di potere temporale della chiesa, gli costarono le persecuzioni ecclesiastiche e la morte in carcere.

L'IIlluminismo napoletano.

Nel Regno di Napoli i problemi dei rapporti con la Chiesa e l'analisi delle condizioni economiche accompagnarono tutta l'opera di rinnovamento culturale intrapresa dagli illuministi. La personalità di maggiore spicco fu Antonio Genovesi (1713-1769), seguace di Locke, studioso di filosofia e di
economia. Dal 1754 tenne la cattedra di «Commercio e meccanica« all'Università di Napoli e al suo
insegnamento si formò la generazione successiva di riformatori napoletani. Nelle “Lezioni di Commercio” (1765-67) propugnò uno sviluppo delle manifatture e dell'agricoltura volto a sollevare
il Regno di Napoli dall'arretratezza.

L'Illuminismo lombardo.

L'altro grande centro dell'Illuminismo italiano fu “Milano” dove, intorno alla rivista «Il Caffè«
(1764-66) impegnata nella lotta per le riforme, si raccolsero Cesare Beccaria e i fratelli Alessandro
e Pietro Verri. Tanto Pietro Verri (1728-17979 che Cesare Beccaria (1738-1794) furono inizialmente mossi da interessi per l'economia e per la politica economica. Entrambi diverranno in
seguito funzionari del governo austriaco. Legato alla ricca atmosfera culturale e ai dibattiti del
«Caffè« fu “Dei delitti e delle pene”, il breve volume di straordinario successo che Beccaria pubblicò nel 1764. Decine di edizioni e di traduzioni diffusero non solo in Europa, ma anche in America, l'analisi del sistema giudiziario e gli argomenti contro la “pena di morte e la tortura”, e a favore della “pubblicità del processo e della prevenzione del delitto”. La visione della giustizia e della pena poggiavano su una concezione contrattualistica dello Stato, dalla quale discendeva che la pena di morte non era «nè utile né necessaria«. Il messaggio umanitario di Beccaria ispirò, molti
tentativi di riforme giudiziarie dell'assolutismo illuminato, ma il principio dell'abolizione della pena di morte stentò a lungo, e non solo nel '700, a farsi strada nella coscienza dei governi e dei popoli.


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