La seconda guerra mondiale, (parte due).
Aramini Parri Lucia |
La seconda guerra mondiale, (parte due).
1940: la caduta della Francia, l’entrata in guerra dell’Italia, la resistenza inglese
Ai primi di aprile, la Germania attaccò
sul fronte occidentale, verso Francia e Inghilterra. Prima invase e
occupò Danimarca e Norvegia, per avvicinarsi all’Inghilterra e
minacciarne le coste e le basi navali; poi, il 10 maggio, Hitler
ordinò l’attacco alla Francia. Sul suolo francese non vi erano
soltanto truppe francesi, ma anche un forte contingente dell’esercito
inglese, giunto a dare sostegno: le truppe tedesche, senza
dichiarare guerra, come era accaduto pochi mesi prima con la Polonia,
in totale spregio del diritto internazionale, invasero Paesi Bassi,
Belgio e Lussemburgo, poi, da nord, scesero sulla Francia. L’attacco
venne condotto secondo i criteri della guerra-lampo, che prevedeva
massimo sforzo e massima potenza di fuoco su pochi punti del fronte,
da sfondare rapidamente per poi dilagare alle spalle degli avversari.
La manovra riuscì in pieno: il 14 giugno Parigi si arrese e venne
occupata. Nello sfacelo generale, l’unico motivo di consolazione
per Francia e Inghilterra fu questo: benché in fuga, i loro eserciti
riuscirono in parte a non cadere prigionieri dei Tedeschi; si
salvarono ammassandosi a nord, sulle coste della Manica, da dove
furono traghettati dalla flotta britannica verso le più sicure
spiagge inglesi; quasi 350.000 uomini trovarono rifugio in
Inghilterra. I travolgenti successi tedeschi spinsero Mussolini ad
affrettare l’intervento: il 10 giugno, l’Italia dichiarò guerra
a Francia e Inghilterra. Era evidente che l’Italia stava vilmente
dando << una pugnalata alla schiena >> alla Francia che,
ormai in ginocchio, non era più in grado di difendersi. Il 22 e il
24 giugno venne firmato l’armistizio tra Francia, Germania e
Italia. Buona parte del territorio francese passò sotto il pieno
controllo dei Tedeschi; l’Italia prese possesso di alcune zone del
Sud del paese. Nel territorio francese non occupato direttamente
dalla Germania, venne creato un << governo fantoccio >, con
sede a Vichy, formalmente autonomo ma, di fatto, totalmente
dipendente dai nazisti. Non tutta la Francia, però, fu disposta a
subire un’umiliazione così bruciante; si accese una prima volontà
di resistenza: il generale Charles De Gaulle, che era riuscito a
raggiungere l’Inghilterra, invitò i suoi connazionali a continuare
la lotta antitedesca. Piegata la Francia, Hitler si volse verso
l’Inghilterra. Per uno strano caso, si ripetevano le condizioni di
circa 150 anni prima, al tempo delle guerre napoleoniche:
l’Inghilterra, nel 1807 assediata da Napoleone, ora era assediata
da Hitler; ora come allora restava l’unica, in Europa, a resistere
contro un avversario che era padrone quasi dell’intero continente;
ora come allora la Manica era l’unica barriera che divideva i 2
avversari. Hitler aveva conquistato la Francia rapidamente; ma,
rispetto alla Francia, l’Inghilterra presentava alcune
caratteristiche diverse e decisive, che l’avrebbero salvata: ta
Inghilterra e Germania vi era il mare, e l’Inghilterra aveva la
flotta più potente del mondo; l’Inghilterra aveva un’aviazione
che, anche se inferiore per numero di aerei, era di qualità
superiore a quella tedesca e disponeva di piloti di prim’ordine.
Alla guida del governo inglese vi era Winston Churchill: il suo
coraggio, i suoi incitamenti a resistere divennero il simbolo della
volontà dell’Occidente di contrastare la barbarie delle dittature.
La <<battaglia dell’Inghilterra >> avrebbe dovuto
svolgersi in 2 tempi: in un primo momento, un pesantissimo attacco
aereo avrebbe dovuto eliminare l’aviazione inglese, così da avere
il controllo dei cieli e mettere in ginocchio la resistenza della
popolazione bombardando su larga scala le città; in un secondo
momento e questa seconda fase era stata chiamata dagli alti comandi
nazisti <<operazione Leone marino>> si sarebbe attuato da
parte tedesca lo sbarco in Inghilterra. Ma questi calcoli si
dimostrarono errati. La battaglia aerea si combatté da luglio a
settembre, e finì con una sostanziale vittoria inglese. O meglio,
finì con una <<non vittoria>> tedesca. Le città
inglesi subirono terribili danni nel corso dei bombardamenti, ma gli
Inglesi, pur avendo perso molti aerei, conservarono una parte della
loro aviazione; perdite molto maggiori subirono invece i Tedeschi, e
tutti i tentativi di invasione furono respinti. Davvero si può dire
che i piloti inglesi salvarono la loro patria: un riconoscimento che
espresse anche Churchill quando, in Parlamento, disse: <<Forse
mai, nella storia dei popoli, così pochi uomini hanno fatto così
tanto per così tanti>>. Il 17 settenbre Hitler ordinò di
sospendere l’<<operazione Leone marino>>. Questo
fallimento ebbe un grande significato: mostrò che non sempre era
possibile la guerra-lampo, che non sempre la vittoria si poteva
cogliere nell’arco di pochi giorni o settimane. Come già era
accaduto nella prima guerra mondiale, così anche nel 1940 iniziò
una guerra lunga, difficile, di usura, combattuta su più fronti,
nella quale avrebbero avuto un peso sempre crescente fattori non
strettamente legati all’abilità militare, quali la resistenza
della popolazione, le capacità produttive dell’industria, la
solidità economica, la possibilità di avere rifornimenti continui e
regolari. Allo scoppio della guerra, gli Stati Uniti si erano
dichiarati neutrali, ma, di fatto, essi sostenevano le potenze
democratiche, in particolare l’Inghilterra, inviandole una grande
quantità di aiuti. Per interrompere quel flusso di rifornimenti, la
Germania iniziò un’intensa guerra sottomarina, mirante ad
affondare i convogli americani e impedirne l’arrivo nei porti
inglesi. Nel corso del 1940, la guerra si allargò ad altri fronti.
In ottobre l’Italia invase la Grecia; nel Mediterraneo si
intensificarono gli scontri tra flotta inglese e flotta italiana; in
Africa gli Inglesi attaccarono Etiopia e Libia, possedimenti
italiani.
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