Un inferno di lusso “Versailles”.

Mauro Goretti.

Un inferno di lusso “Versailles”.

Forse, con il suo milione e passa di visitatori all'anno, Versailles è la reggia più visitata al mondo.
Fatto costruire da Luigi XIV, il Re Sole, affinché il mondo intero potesse ammirare l'incarnazione della sua gloria e del suo potere, il palazzo è, nell'immaginario comune, sinonimo dello sfarzo più esasperato, del cerimoniale più sontuoso, delle feste più scintillanti. Eppure... Al turista moderno Versailles appare come una teoria fastosa di sale con pavimenti tirati a lucido, vetrate immense
che lasciano intravedere le verzure del parco e gli ori rilucenti che moltiplicano le luci dei lampadari, ma è bene ricordare che non è sempre stato così. Se nei decenni successivi la sua costruzione fu davvero un palazzo magnifico, anche per la raffinatezza degli arredi in argento massiccio, in quelli che coincisero con la tetra vecchiaia di Luigi XIV e con i regni dei due sovrani che lo seguirono, il lascivo Luigi XV e lo sciatto Luigi XVI, il palazzo subì un inarrestabile declino.
Innanzitutto è bene ricordare che la reggia, per volere dello stesso Re Sole, che l'aveva progettata
come testimonianza tangibile della sua potenza, non era un ambiente protetto ed esclusivo: potevano accedervi tutti, dal ciabattino al principe, a patto che sfoggiassero il copricapo e lo spadino d'ordinanza, che si potevano affittare all'ingresso. Per gli infiniti corridoi, così come nella
grande Galleria degli Specchi, sostavano ammassati per giorni coloro che arrivavano a palazzo da
ogni angolo del regno in attesa di un'udienza del re, di un ministro o di un semplice funzionario.
Abbandonare il posto significava perdere la precedenza o l'occasione per farsi notare al passaggio
casuale di un potente: capitava dunque che per i corridoi si formassero veri e propri accampamenti
di persone costrette a mangiare, dormire ed espletare i propri bisogni in loco. Scrive Arthur Young:
“Era divertente vedere le teste di vagabondi che passeggiavano, senza alcuna sorveglianza, nel
palazzo e addirittura nella camera da letto del re, uomini i cui cenci dimostravano che erano ridotti
all'infimo grado dell'indigenza. Ero la sola persona a chiedersi con stupore come diavolo potessero
trovarsi lì!”.


I corridoi della paura.

I nobili che abitavano a palazzo erano così costretti a farsi scortare da accompagnatori o da grossi cani da guardia per evitare di essere derubati, come avvenne in occasione delle feste per il matrimonio del conte d'Artois nel 1773, durante le quali tutti gli invitati furono alleggeriti di fibbie,
tabacchiere e spille. Nemmeno i sovrani erano immuni da tutta quella confusione: durante un pranzo, Luigi XIV si vide piombare nel piatto un cartoccio contenente due frange dorate rubate dai suoi appartamenti qualche giorno prima; la regina Maria Antonietta, oltre a subire il furto della fede nuziale e rimanere inondata di liquidi maleodoranti scaricati da una finestra, dovette sopportare per
anni le molestie di un mitomane che la seguiva ovunque, in una vera e propria azione di “stalking”.
Nel 1745 la regina Maria Leszczynska ballò per ore con un elegantissimo gentiluomo prima di
scoprire che era solo un cuoco. E non dimentichiamo la pugnalata inferta in pieno giorno a Luigi
XV da un attentatore, nel 1757. Il parco, così magnifico di giorno, di notte accoglieva ladroni e
briganti pronti ad assaltare le carrozze di passaggio, senza parlare dei maleodoranti cumuli di rifiuti
scaricati nei boschetti e lungo il muro di cinta. I cagnetti che le dame erano abituate a portare in grembo espletavano i loro bisogni dove capitava, senza che nessuno passasse a pulire.
Sui pavimenti della reggia versava un liquame maleodorante, composto da acqua, terriccio, bevande
rovesciate, urina di cani (e non solo) e tabacco masticato. Nel 1830, quando ormai la reggia era
stata abbandonata dalla corte, l'architetto Viollet Le Duc visitò gli immensi saloni deserti in compagnia di una dama che da giovane aveva avuto l'onore di servire i monarchi a corte.
La gentildonna si disse disorientata, ammettendo di non riconoscere più il palazzo, fino a quando
capitò in una stanza il cui pavimento era inondato dal liquido nauseabondo fuoriuscito da un tubo
di scarico rotto. Soltanto a quel punto la marchesa esclamò raggiante: “Oh finalmente la riconosco!
Ecco la mia Versailles! Ai miei tempi era così dappertutto!”.
La decadenza accelerò soprattutto durante il regno di Luigi XVI, quando vennero meno le disponibilità economiche per il mantenimento di una reggia tanto fastosa.
Viaggiatori e avventurieri hanno riempito le loro memorie parlando di un palazzo sporco e decadente, maleodorante di fumo per colpa delle canne fumarie ostruite e dei grandi tendaggi lerci,
per non parlare dell'odore di “umanità” che d'estate infestava gli ambienti più affollati. Era infatti
impossibile aprire i grandi finestroni dai cardini arrugginiti o sigillati con strisce di carta cerata
che doveva contrastare i malsani spifferi invernali. Si racconta che Luigi XIV dovette quasi sfondare la finestra nella stanza della moglie per permetterle di respirare durante il parto, dal momento che erano entrate decine di curiosi di ogni ceto e provenienza, rendendo l'aria pressoché
irrespirabile.



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