In rotta verso il Sol Levante.
Mauro Goretti |
In rotta verso il Sol Levante.
La storia racconta come, nel settembre
del 1543, una leggera giunca cinese venne spinta dai venti fino alle
coste dell'isola di Tanegashima, nell'arcipelago di quello che oggi
conosciamo come Giappone. Tra i navigatori, le cronache menzionano
due portoghesi che sarebbero stati i primi uomini europei a mettere
piede sul suolo nipponico. Se sulla reale identità di questi
pionieri esistono dubbi, quello che si da per assodato è che, a
partire dalla metà del XVI secolo, prima i
Portoghesi, poi gli Spagnoli e gli
Olandesi cominciarono a intrattenere rapporti commerciali (e quindi
culturali) con le popolazioni di quelle terre. Le isole che, oltre
due secoli prima, Marco Polo
aveva indicato con il nome Zipangu,
divenuto poi Cipango. Possiamo immaginare la profonda impressione
che il sorprendente arrivo dovette sortire agli occhi degli abitanti
del luogo, che infatti
battezzarono i nuovi arrivati
“nanbansen”, ossia “demoni del Sud”. In ogni caso, il
rapporto tra indigeni ed Europei partì all'insegna del commercio,
cosa del resto naturale, e del tentativo da parte
dei missionari gesuiti d'introdurre il
cristianesimo nelle provincie nipponiche. Inizialmente, la
confessione cristiana venne considerata
alla stregua di una setta buddista. Alla fine del XVI secolo,
tuttavia, la nuova fede iniziò a
essere vista come un pericolo per la stabilità del fragile
equilibrio
politico interno appena raggiunto.
Vennero così emanati una serie di editti restrittivi , fino a quando
l'ostilità non sfociò in una serie di
persecuzioni, culminate con episodi di martirio. Dopo la rivolta di
Shimabara, nel 1637-38, la chiusura nei confronti degli stranieri fu
pressoché totale: gli Occidentali che fossero stati sorpresi sul
suolo giapponese sarebbero stati passibili della pena capitale. Il
rifiuto di contatti con l'uomo bianco proseguì fino al 1854, quando
il commodoro Matthew Perry, al comando della flotta delle quattro
“navi nere” (così i Giapponesi descrissero le
imbarcazioni americane) costrinse il
Giappone a riaprirsi al mondo esterno e al commercio. Tuttavia, i
due secoli precedenti non erano stati di completo isolamento: seppure
di fatto confinati
sulla piccola isola di Deshima, gli
Olandesi continuarono a commerciare e intrattenere rapporti con
il Giappone e quando l'interdizione
alle merci di origine occidentale venne parzialmente revocata,
nel 1720, iniziò il periodo “rangaku”
, ossia degli “studi olandesi”. Attraverso i manuali di
anatomia, per esempio, i Giapponesi scoprirono che la medicina
europea aveva molto da insegnare,
e nel 1789 fu inaugurata la prima
accademia “rangaku”. In precedenza, era stata la circolazione di
alcuni libri scritti da gesuiti a
diffondere le conoscenze europee nel campo della matematica,
dell'astronomia e della geografia.
Giapponese per metà.
Nel 1600, l'inglese William Adams
faceva parte dell'equipaggio di un mercantile olandese che, dopo
avere attraccato a Kyushu, venne
catturato e imprigionato nel castello di Osaka con l'accusa di
pirateria. Nel 1604, lo Shogun Tokusawa Leyasu (lo stesso che aveva
ordinato la sua carcerazione)
chiese ad Adams di sovrintendere la
costruzione di una nave di tipo occidentale per la flotta del
comandante Shogen. Il risultato fu il grande vascello “San Buena
Ventura”, che meritò ad Adams
il titolo di samurai, o meglio, di
“hatamoto”, un vassallo con privilegio di poter parlare
direttamente allo shogun. Adams prese il nome di Miura Anijn,
divenne un ricco possidente, sposò la figlia di un
ufficiale locale: un vero giapponese
naturalizzato. Ancora oggi, in Giappone, ogni 15 di giugno
vengono organizzate feste in suo onore.
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