Stanislao Cannizzaro. Scienza.
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Stanislao Cannizzaro. Scienza.
L'epoca
in cui viviamo passerà alla storia col nome di “era atomica”.
Ciò significa che la scienza del nostro tempo ha saputo svelare i
misteri dell'atomo. Eppure, pensate che fino a poco più di cento
anni fa le nozioni di atomo e di molecola erano quasi sconosciute. E
la difficoltà di poterle chiarire era tale che il chimico francese
Giovanni Battista Dumas arrivò al punto di scrivere che sarebbe
stato meglio togliere dalla chimica la parola “atomo”.
Naturalmente la proposta dello scienziato era assurda: per la chimica
significava una vera e propria condanna a morte. Ma la chimica non
morì. Grazie agli studi di alcuni insigni scienziati, essa poté
compiere dei progressi veramente sbalorditivi. Uno dei chimici più
geniali fu Stanislao Cannizzaro.
I primi studi.
Stanislao
Cannizzaro nacque a Palermo nel 1826, da una nobile famiglia
messinese. Fin da ragazzo mostrò una grande attitudine allo studio:
a 15 anni era già iscritto alla facoltà di medicina dell'Università
di Palermo. Ma abbandonò ben presto gli studi di medicina per
dedicarsi a quelli di chimica, che lo interessavano in modo
particolare. Passò allora all'Università di Pisa (anno 1845) ove,
per le sue grandi doti, divenne il discepolo prediletto del celebre
chimico Raffaele Piria. Quando nel 1849 scoppiò in Sicilia una
rivolta contro i Borboni, il giovane Cannizzaro (ormai laureato in
chimica) non volle mancare: accorse nella sua isola e prese parte ai
moti rivoluzionari.
Fallita
la rivolta, fu costretto a prendere la via dell'esilio: si trasferì
dapprima a Marsiglia e passò poi a Parigi. Nella capitale francese,
Cannizzaro conobbe alcuni celebri studiosi di chimica e condusse a
termine importanti ricerche scientifiche. Tornato in Italia,
Cannizzaro si dedicò all'insegnamento: dal 1851 al 1855 fu
professore di chimica al Collegio Nazionale di Alessandria; nel 1857,
poco più che trentenne, gli venne assegnata una cattedra presso
l'Università di Genova. Quando la Sicilia fu liberata dalla
dominazione borbonica (anno 1860), egli passò ad insegnare
nell'Università di Palermo. Poté in tal modo ritornare nella sua
città natale, dalla quale aveva dovuto rimanere lontano per ragioni
politiche.
Idee chiare ed esatte.
Nel
1860 si aperse a Karlsruhe (Germania) un congresso internazionale di
chimica al quale partecipavano gli scienziati più insigni. Nessuno
di essi poteva però credere di trovarsi vicino alla verità
scientifica, soprattutto perché i concetti di atomo e di molecola
erano confusi e i relativi termini venivano usati senza chiarezza di
significato. La posizione di Cannizzaro in questo Congresso era ben
diversa e singolare: egli solo conosceva la verità per aver cavato
dall'ombra e meditato le teorie pubblicate quasi 50 anni prima di un
oscuro professore di liceo torinese: Amedeo Avogadro. In una memoria
del 1811 lo sconosciuto insegnante italiano enunciava quella che oggi
conosciamo come “Legge di Avogadro” e affermava che “la
molecola è il minimo di un corpo, sia semplice, sia composto, che
può esistere allo stato libero con le sue proprietà fisiche e
chimiche caratteristiche”. Le molecole dei corpi composti devono
di conseguenza essere scindibili in particelle più piccole che
saranno gli atomi dei corpi semplici. In una successiva memoria,
pubblicata (sempre senza successo) nel 1814, Avogadro indicava la
possibilità di determinare con sicurezza i pesi atomici relativi
prendendo come unità il peso atomico dell'idrogeno, e perciò di
calcolare i pesi molecolari dei corpi esistenti allo stato gassoso o
a tale stato riportabili. Ma nessuno si accorgeva di quest'uomo
geniale, nessun eco avevano suscitato le sue affermazioni, e per
questo fatto la chimica aveva perduto tanti anni inutilmente. Due
anni prima del congresso di Karlsruhe, Cannizzaro aveva pubblicato il
suo “Sunto di un Corso di filosofia chimica” nel quale prendeva a
base scientifica inoppugnabile le affermazioni di Avogadro,
illustrando i criteri di determinazione dei pesi molecolari e
indicando il procedimento per determinare i pesi atomici di numerosi
corpi semplici. A Karlsruhe egli rivendicò l'opera del torinese,
morto quattro anni prima, e bene avendo intuito che sarebbe stato
impossibile pretendere l'accettazione immediata di concetti così
rivoluzionari sebbene chiarificatori, distribuì a tutti una copia
del suo “Sunto” e una tavola dei pesi atomici e molecolari da lui
determinati. Lo stupore fu enorme. Per lo scienziato tedesco Mayer
fu, come ebbe a scrivere successivamente “... come se mi cadesse
una benda dagli occhi; sparivano tutte le incertezze, e, al loro
posto, subentrava un'impressione di chiarezza pacata, piena di
armonia!”. Da allora Cannizzaro fu ritenuto il più grande
scienziato dell'epoca. Nel 1870 ebbe la cattedra di chimica
all'Università di Roma, l'anno dopo fu nominato senatore del Regno
da Vittorio Emanuele II. Presso l'Università di Roma fondò un
grande laboratorio di chimica nel quale portò a termine importanti
ricerche. A dimostrare in quale considerazione fosse tenuto anche
fuori d'Italia, basti dire che venne prescelto nel 1872 per tenere il
discorso commemorativo di Michele Faraday, il grande scienziato
inglese morto cinque anni prima, e che nel 1891 gli venne decretata
la massima onorificenza della Società Reale di Londra. Stanislao
Cannizzaro morì a Roma nel 1910, a 84 anni.
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