Albert Schweitzer. Scienza.

Aramini Parri Lucia- Blogger.




Albert Schweitzer. Scienza.

Albert Schweitzer nacque il 14 gennaio 1875 in un piccolo villaggio dell'Alsazia, al confine tra Francia e Germania. Dopo aver conseguito le lauree in filosofia e teologia, nel 1911 si laureò in medicina e nel 1913 si trasferì nel Gabon, a Lambaréné, dove costruì il suo famoso ospedale. Da allora, tranne brevi soggiorni in Europa e negli Stati Uniti per raccogliere fondi, continuò la sua dura missione fino alla morte. L'opera del dotto Schweitzer ha significato per il mondo la vittoria dell'uomo sulla guerra e sulla sopraffazione. Per questo, nel 1952, gli venne conferito il Premio Nobel per la Pace. Egli fu anche scrittore e uno dei maggiori interpreti di musica per organo. La sua figura, a quasi dieci anni dalla morte, rimane un magnifico esempio di eroica dedizione al più grande ideale cristiano: l'amore per il prossimo.

Alle nove del mattino il battello risaliva lentamente il fiume Ogooné e penetrava nel territorio africano lasciandosi alle spalle la costa atlantica. A bordo del battello quel giorno, il 23 marzo 1913, si trovavano un uomo bianco e sua moglie. Si trattava di due alsaziani, Helene e Albert Schweitzer.

Un uomo coraggioso.

Rinuncio alla mia posizione di professore all'Università di Strasburgo, al mio lavoro letterario e alla mia musica, per andare in Africa Equatoriale come dottore”. Così Albert Schweitzer aveva scritto a parenti e ad amici quando, qualche anno prima, nel 1906, aveva deciso di idcriversi alla facoltà di medicina. Fu veramente un atto di coraggio, quello: ricominciare all'età di 31 anni una nuova esistenza. Fino a quel momento egli si era occupato di filosofia, musica, teologia e aveva anche scritto e pubblicato alcune opere letterarie. Terminati gli studi universitari, era stato nominato direttore del seminario di teologia dell'università di Strasburgo. Schweitzer, nato da un pastore protestante, era sempre vissuto in un ambiente profondamente religioso. Ciò aveva influito nel suo animo, già per natura molto sensibile. Negli anni dello studio fu continuamente tormentato dal pensiero che, mentre le ore per lui passavano serene, altri uomini soffrivano per malattie e disgrazie di ogni genere. Così, a poco a poco, egli giunse a una decisione: rinunciare alla carriera, al successo, per dedicarsi completamente all'umanità.

La grande avventura.

Abbiamo incontrato Schweitzer, ormai medico esperto in malattie tropicali, mentre sta per giungere al luogo che ha scelto per svolgere la sua opera: Lambaréné, nel Gabon, che allora era colonia francese. Il posto era una radura ricavata a colpi d'ascia nel folto della foresta tropicale, dove sorgeva, già da diversi anni, una missione cattolica. La scelta del luogo era avvenuta per caso. Leggendo un bollettino che la missione inviava periodicamente in Europa, Schweitzer aveva saputo che a Lambaréné era necessaria e urgente la presenza di un medico e si era offerto.

Tra mille difficoltà.

Subito dopo il caloroso benvenuto che il dottore protestante ricevette dai missionari cattolici cominciarono le difficoltà. Non era ancora stato possibile erigere la costruzione di lamiera ondulata che doveva servire come ambulatorio e perciò i primi pazienti furono ricevuti in un pollaio, adattato in qualche modo. Possiamo appena immaginare quale fu la vita per Schweitzer da allora. Pensiamo al luogo: ogni metro quadrato di terra andava strappato alla foresta con fatica. Le continue piogge torrenziali rendevano il terreno un mare di fango. Il caldo era insopportabile, aggravato dalla fortissima umidità. Il trasporto dei rifornimenti avveniva sul fiume, dove gli ippopotami costituivano un continuo pericolo per la stabilità delle canoe. Orribili malattie affliggevano gli indigeni, molti dei quali erano segnati dalle orrende piaghe delle labbra. Una natura selvaggia e nemica, dunque, quella che Schweitzer trovò attorno a sé a Lambaréné. Eppure egli riuscì lo stesso a organizzare la sua attività e a svolgerla con scrupolo. Achweitzer non pretese mai che gli indigeni lo ubbidissero ciecamente; egli cercò anzi in ogni modo di farsi capire da loro e di conquistare la loro fiducia. A poco a poco vinse la diffidenza di tutti e riuscì a sostituirsi allo stregone. Proprio dallo stregone imitò una importante regola di comportamento: quella di non dire mai parole di speranza ad un ammalato molto grave. Nel caso che il malato fosse morto, la famiglia avrebbe pensato che il dottore non era stato in grado di capire la gravità della malattia. Così Schweitzer dovette imparare a pronunciare diagnosi chiare, anche se crudeli. Pensò infine che era bene chiedere un compenso per le sue cure, affinché l'ospedale diventasse il frutto di un sacrificio comune. Ciascuno naturalmente offriva ciò che poteva: chi dava frutta, uova, galline; chi invece dava denaro; chi infine si offriva per la costruzione e la riparazione di baracche, strade ecc.

Un insolito ospedale.

L'ospedale che Schweitzer riuscì a costruire diventò lo specchio del suo modo di pensare. Dopo molti anni, quando Lambaréné poteva già essere raggiunta da aerei e motoscafi, ancora l'ospedale di Schweitzer lasciava meravigliati e perplessi i visitatori che venivano da tutto il mondo. Moderni impianti giacevano negli imballaggi, ammucchiati sotto polvere e ragnatele. Nelle baracche dal tetto di foglie s'ammassavano, oltre agli ammalati, decine di parenti che attendevano la loro guarigione. Ecco come lo stesso Schweitzer spiegava tutto ciò: “Tutta la mia filosofia è basata sul rispetto della vita. Gli indigeni vengono a questo ospedale sgangherato e non vanno in quelli lucidi e modernissimi a poca distanza, perché qui continuano a vivere come a casa loro”. Schweitzer rimase a Lambaréné per ben 51 anni, fino al giorno della sua morte: il 4 settembre 1965. E mentre la sua vita si spegneva, sua figlia Rhena assisteva una donna che stava dando alla luce un bambino. Il grande amico di tutti gli uomini veniva a mancare, ma non moriva con lui la sua opera. Già il suo esempio di amore per il prossimo era stato seguito da altri e l'ospedale proseguì la sua attività.

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