Un finale ignoto. { Iliade }
Un finale ignoto.
Una
prima,ma ipotetica versione sulla morte di Omero,invece,la racconta
il filosofo Eraclito
(VI-V
secolo a. C),che sostenne fosse stato ucciso dal dolore di non essere
riuscito a risolvere
un
indovinello: in un giorno qualunque,un fanciullo,incitato dai suoi
amici,gli cantilenò un
indovinello
che recitò così:”Ciò che abbiamo visto e abbiamo preso lo
lasciamo,ma ciò che
non
abbiamo visto né preso lo portiamo”,tale indovinello lo tormentò
fino alla fine dei suoi
giorni,Omero
ne rimase così ammutolito e poi fatalmente umiliato davanti ad una
possibile
soluzione
che però,non trovò;i pidocchi,di cui i fanciulli volevano
liberarsi.
È
ancor meno credibile però l'aneddoto contenuto nell'Agone di Omero
ed Esiodo,un opera in
prosa
e versi scritta,almeno in parte,dal filosofo greco Alcidamante (V-IV
secolo a. C). Due
titani
della poesia furono chiamati a gareggiare; anche in quel caso la
sfortuna toccò ad Omero,
poeta
della guerra,sconfitto dal proprio avversario,poeta della pace autore
di bucolici versi (Le
opere
e i giorni). Peccato però che i poemi dei due siano separati da un
secolo di storia.
In
una disillusa immaginazione,alla quale qualcuno osò crederci pure,fu
che nel II secolo d. C,
Luciano
di Samosata,un oratore,immaginò infatti che,nelle Verae
historiae,un'ironica
chiacchierata
con Omero,gli domandò di dove era,e egli gli rispose che era di
Babilonia ,e che
non
era cieco; dunque,babilonese,vedente,autore dell'Iliade e
dell'Odissea nella loro integrità,e
per
finale,immaginate un po',anche di tutte le altre opere minori,a lui
attribuite.
Questo
Luciano ha fornito soltanto delle notizie paradossali,formalmente
indicative sulla reale
impossibilità
a rispondere a questi interrogativi:in fondo voleva semplicemente
dire che molte
delle
affermazioni su Omero,sono indimostrabili,come molte delle
ricostruzioni di oggi,
afferma
Ercolani. L'oratore non perse la sua occasione per burlarsi anche
degli alessandrini
Zenodoto
e Aristarco,che definì “grammatici che cercano il pelo nell'uovo”.
L'oratore osò
riferirsi
all'irriverente questione “omerica”,che,già da secoli incendiava
le discussioni tra gli
eruditi.
Oltre alla mancanza di precisi dati biografici,infatti,a gettare
fondati dubbi sulla vera
esistenza
del poeta era il fatto che i testi a lui attribuiti con
certezza,l'Iliade e l'Odissea,fossero
pieni
di contraddizioni stilistiche e di contenuto. Però questo portò a
dedurre che a nessuno fosse
venuto
in mente che Omero non fosse mai esistito. Fino al III secolo a.
C,molti furono quelli che
ebbero
questo originario ma fondato sospetto.
Troppo diversi.
Secondo
fonti dei “chorizontes”,ossia i “separatisti”,i
due poemi erano troppo diversi per poter
essere
stati composti dallo stesso autore: l'Odissea,ipotizzarono,doveva
essere stata scritta
almeno
un secolo dopo l'Iliade da un anonimo aedo. E persino all'interno di
ogni singolo poema
si
riconoscevano parti che sembravano non far parte del testo originale.
A loro però si
contrapponevano
gli irriducibili “unionisti”: guai a chi toccava il loro unico
Omero. La risposta
di
questi ai dubbi degli eruditi alessandrini era semplice:l'Iliade
l'aveva scritta ispirato
dall'irragionevole
passione della giovinezza,l'Odissea con la matura pacatezza della
vecchiaia.
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