A scuola con Carlo Magno.


A scuola con Carlo Magno.

Carlo Magno non è un epiteto da tutti. Se il re dei Franchi Pipino il Breve doveva il suo
nomignolo alla bassa statura,il figlio Carlo divenne per tutti “il Grande” per le sue numerose
qualità. E non solo perché fu un valoroso condottiero,che sconfisse Avari,Longobardi e Sassoni
fino a fondare il Sacro Romano Impero,e nemmeno soltanto perché fu magnanimo con i nemici
e aperto verso le culture diverse dalla sua. Uno dei suoi meriti fu anche quello di aver risvegliato
l'Europa dal letargo culturale in cui era piombata dopo la caduta dell'Impero romano.
E di aver istituito,con una riforma senza precedenti,la prima scuola pubblica. Carlo Magno si
trovò ad affrontare il difficile compito di governare una realtà politica inedita,non più circoscritta
al Regno dei Franchi,ma neppure somigliante al precedente Impero romano. Si trattava di
un vasto territorio costituito da gruppi etnici e culturali molto diversi,anche nella lingua:
francesi,germanici,italiani. Per mettere ordine nel suo regno disponeva di due strumenti
formidabili: la lingua latina e religione. La prima,però,non era più l'idioma di tutti i giorni ed era
conosciuta male anche dagli ecclesiastici. Nemmeno la fede cristiana era la stessa per tutti:
l'interpretazione delle Scritture cambiava da regione a regione e qua e là persistevano riti
pagani,sopratutto nelle zone rurali. Per dare unità alle sue terre,insomma,bisognava iniziare
dalle fondamenta. Cioè dalla scuola,che a quel tempo significava dai monasteri,roccaforti del
sapere. Ma ai tempi di Carlo il livello culturale del clero,purtroppo,era molto vicino
all'analfabetismo: nel 780 il sovrano fece divulgare una lettera agli ecclesiastici del regno,alla
quale seguirono diversi “capitolari”(cioè ordinanze) che fissarono,svilupparono e uniformarono
la questione fondamentale dell'istruzione. Era il primo passo di quella che verrà poi definita
renovatio o “rinascita carolingia”. Per il suo progetto il sovrano chiamò a corte intellettuali di
grande talento. Come l'inglese Alcuino di York,insegnante di grande fama e con una vocazione
per la pedagogia,o come l'italiano Pietro da Pisa,il primo studioso a entrare nella corte come
maestro di grammatica per i giovani nobili (e per lo stesso Carlo,semi analfabeta). C'erano poi
Eginardo,esperto di grammatica latina e abile architetto (fu lui a progettare il palazzo di
Aquisgrana),e Teodolfo d'Orléans,vescovo ma sopratutto poeta. Il re convocò anche lo storico,
naturalista e studioso di greco Paolo Diacono,membro di una famiglia longobarda non
assoggettata dai Franchi,a testimonianza della grande apertura mentale del sovrano. Se da un
lato Carlo voleva centralizzare il governo del regno,infatti,dall'altro sapeva valorizzare le
differenze. L'idea di creare un sistema di istruzione comune in tutto il territorio fu accolta con
entusiasmo da vescovi,abati e prelati. Quanto fosse spontaneo non si sa,visto che era stato un
decreto del 797 a imporre loro di fondare scuole di vario grado in cattedrali,abbazie e villaggi.
Ma chi poteva frequentare quelle scuole? Tutti,considerati gli standard dell'epoca,ovvero anche
giovani di media o bassa estrazione sociale. Il modello era la Schola palatina di Aquisgrana,
capitale del regno. Inaugurata già dai sovrani merovingi e restaurata dal padre di Carlo,aveva
inizialmente lo scopo di formare la classe di scrivani e contabili di palazzo sotto la guida di
Alcuino. Una sorta di scuola di alta amministrazione ante litteram. Di cui il re voleva estendere
i benefici a tutto il regno.

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