Gli antichi mestieri.
Un articolo per farvi capire quello che abbiamo perso, vuoi per la crisi e vuoi anche perché ci vergogniamo del nostro passato. Realtà importanti, dove imparavamo un mestiere,oggi non ci vogliamo sporcare le mani, senza tenere di conto che il lavoro in ufficio non ci sarà per tutti, e questo non lo vogliamo accettare. Ingannati da false promesse e da tante chiacchiere una parte di noi è definitivamente scomparsa.
Gli Antichi Mestieri
Modugno
Gli antichi mestieri
La scomparsa di tanti mestieri, relegati ormai soltanto nella memoria, costituisce una perdita assai grave, dal momento che si pone l'esigenza di conservare la memoria storica per comprendere il nostro presente.
Li ricorda Nicola Milano nel suo libro "Curiosando per Modugno" (II edizione, Levante Editori, Bari), che tra le altre cose ci parla di "altre consuetudini", quelle degli antichi mestieri, oggi per lo più scomparsi, anche perché il consumismo ha contribuito notevolmente alla loro sparizione.
Gli ombrellai, tipica categoria di artigiani, riparavano ombrelli sostituendo bacchette rotte e manici spezzati, eseguendo anche rattoppi alla stoffa. Questi erano chiamati anche "conzapiatterutte", poiché riparavano con tecniche particolari piatti e tegami di tela filati o spaccati. Gli ombrellai giravano soprattutto nelle giornate piovose, eseguendo il loro lavoro dinanzi alle case dei richiedenti.
Altra categoria erano gli arrotini, artigiani che giravano per le vie del paese annunciando il loro passaggio con il grido "iamafuorbece", cioè mola forbici, dotati di una mola smeriglio, il cui moto rotatorio era determinato da un pedale che azionava una grossa ruota di legno che trasmetteva il movimento all'intero congegno. Oggi l'arrotino esiste ancora ma dispone di mezzi più moderni, anche se la struttura fondamentale del congegno è identica alla precedente.
Altri artigiani considerati di categoria più elevata erano i barbieri, i cui saloni nel passato non erano molto affollati, poiché i clienti andavano a farsi radere una volta o due alla settimana, preferibilmente il sabato e la domenica. Molti si facevano crescere anche i baffi, ad eccezione dei sacerdoti che si radevano anche i baffi, consuetudine che si diffuse anche tra il laicato, specie dopo la prima guerra mondiale per imitazione degli emigrati americani che importavano quella moda da oltre oceano.
I barbieri oltre che di barba e capelli si occupavano anche di altre attività soprattutto sanitarie, come cavare denti o applicare sanguisughe (che in tempi andati si utilizzavano per far succhiare sangue agli ipertesi). I saloni del tempo erano anche scuole per strumenti a corda. Infatti, la tradizione vuole che il barbiere avesse una vocazione innata per la musica, privilegiando quella operistica. Forse ispirati dal più famoso "Barbiere di Siviglia", per cui impartiva lezioni di chitarra e mandolino, soprattutto per i giovani che andavano a trascorrere il tempo libero. I barbieri, inoltre, essendo buoni suonatori, erano chiamati ad allietare ospiti ed invitati, in occasione di feste o matrimoni, che allora si svolgevano rigorosamente in casa.
Un altro mestiere quasi del tutto scomparso è quello della sartina, favorito dallo sviluppo dell'industria tessile che consentì l'apertura di numerose botteghe per la vendita al dettaglio di tessuti e filati di vario genere, incoraggiando l'arte della sartoria e dando lavoro a sarti e sartine.
Anche gli accalappiacani facevano parte della schiera degli artigiani del tempo. All'epoca i cani erano numerosi, poiché ogni agricoltore si cresceva l'animale fedele per custodire il cascinale, la stalla o la casa e spesso quando non gli serviva più l'abbandonava per strada.
L'accalappiacani, dipendente comunale, prelevava i cani abbandonati portandoli in un luogo di raccolta, ove sostavano per alcuni giorni per dare l'opportunità ad eventuali padroni di richiederne il riscatto. In mancanza di ritiro la sorte di quelle bestie era segnata.
Un altro personaggio che si aggirava per le vie della città era il banditore, utilizzato per comunicare ai cittadini disposizioni dell'Amministrazione comunale, della Chiesa o avvisi di privati cittadini.
Per gli annunci ufficiali del Comune, il banditore era preceduto dal rullio del tamburo. Per gli annunci della Chiesa, invece del tamburo, veniva suonato un grosso campanello, mentre gli annunci privati erano preavvertiti dal suono della trombetta. Ovviamente gli annunci erano fatti in gergo dialettale ed il passaparola era molto efficiente. Oggi il sistema di comunicazione è notevolmente cambiato: il banditore è stato sostituito da sms, volantinaggio, mail, pubblicità.
Concludendo, i mestieri scomparsi sono più numerosi di quel che si crede, ne ricordo qualche altro: il calzolaio, il cestaio, il fabbro, il falegname, il maniscalco, il carbonaio, lo stagnino, il fornaio, ecc. Per non parlare dei mestieri legati alla civiltà contadina per i quali sarebbe utile, prima che scompaiano del tutto, allestire qualche museo che ne conservi la memoria.
Li ricorda Nicola Milano nel suo libro "Curiosando per Modugno" (II edizione, Levante Editori, Bari), che tra le altre cose ci parla di "altre consuetudini", quelle degli antichi mestieri, oggi per lo più scomparsi, anche perché il consumismo ha contribuito notevolmente alla loro sparizione.
Gli ombrellai, tipica categoria di artigiani, riparavano ombrelli sostituendo bacchette rotte e manici spezzati, eseguendo anche rattoppi alla stoffa. Questi erano chiamati anche "conzapiatterutte", poiché riparavano con tecniche particolari piatti e tegami di tela filati o spaccati. Gli ombrellai giravano soprattutto nelle giornate piovose, eseguendo il loro lavoro dinanzi alle case dei richiedenti.
Altra categoria erano gli arrotini, artigiani che giravano per le vie del paese annunciando il loro passaggio con il grido "iamafuorbece", cioè mola forbici, dotati di una mola smeriglio, il cui moto rotatorio era determinato da un pedale che azionava una grossa ruota di legno che trasmetteva il movimento all'intero congegno. Oggi l'arrotino esiste ancora ma dispone di mezzi più moderni, anche se la struttura fondamentale del congegno è identica alla precedente.
Altri artigiani considerati di categoria più elevata erano i barbieri, i cui saloni nel passato non erano molto affollati, poiché i clienti andavano a farsi radere una volta o due alla settimana, preferibilmente il sabato e la domenica. Molti si facevano crescere anche i baffi, ad eccezione dei sacerdoti che si radevano anche i baffi, consuetudine che si diffuse anche tra il laicato, specie dopo la prima guerra mondiale per imitazione degli emigrati americani che importavano quella moda da oltre oceano.
I barbieri oltre che di barba e capelli si occupavano anche di altre attività soprattutto sanitarie, come cavare denti o applicare sanguisughe (che in tempi andati si utilizzavano per far succhiare sangue agli ipertesi). I saloni del tempo erano anche scuole per strumenti a corda. Infatti, la tradizione vuole che il barbiere avesse una vocazione innata per la musica, privilegiando quella operistica. Forse ispirati dal più famoso "Barbiere di Siviglia", per cui impartiva lezioni di chitarra e mandolino, soprattutto per i giovani che andavano a trascorrere il tempo libero. I barbieri, inoltre, essendo buoni suonatori, erano chiamati ad allietare ospiti ed invitati, in occasione di feste o matrimoni, che allora si svolgevano rigorosamente in casa.
Un altro mestiere quasi del tutto scomparso è quello della sartina, favorito dallo sviluppo dell'industria tessile che consentì l'apertura di numerose botteghe per la vendita al dettaglio di tessuti e filati di vario genere, incoraggiando l'arte della sartoria e dando lavoro a sarti e sartine.
Anche gli accalappiacani facevano parte della schiera degli artigiani del tempo. All'epoca i cani erano numerosi, poiché ogni agricoltore si cresceva l'animale fedele per custodire il cascinale, la stalla o la casa e spesso quando non gli serviva più l'abbandonava per strada.
L'accalappiacani, dipendente comunale, prelevava i cani abbandonati portandoli in un luogo di raccolta, ove sostavano per alcuni giorni per dare l'opportunità ad eventuali padroni di richiederne il riscatto. In mancanza di ritiro la sorte di quelle bestie era segnata.
Un altro personaggio che si aggirava per le vie della città era il banditore, utilizzato per comunicare ai cittadini disposizioni dell'Amministrazione comunale, della Chiesa o avvisi di privati cittadini.
Per gli annunci ufficiali del Comune, il banditore era preceduto dal rullio del tamburo. Per gli annunci della Chiesa, invece del tamburo, veniva suonato un grosso campanello, mentre gli annunci privati erano preavvertiti dal suono della trombetta. Ovviamente gli annunci erano fatti in gergo dialettale ed il passaparola era molto efficiente. Oggi il sistema di comunicazione è notevolmente cambiato: il banditore è stato sostituito da sms, volantinaggio, mail, pubblicità.
Concludendo, i mestieri scomparsi sono più numerosi di quel che si crede, ne ricordo qualche altro: il calzolaio, il cestaio, il fabbro, il falegname, il maniscalco, il carbonaio, lo stagnino, il fornaio, ecc. Per non parlare dei mestieri legati alla civiltà contadina per i quali sarebbe utile, prima che scompaiano del tutto, allestire qualche museo che ne conservi la memoria.
Commenti
Posta un commento
Ciao a tutti voi, sono a chiedervi se avete preferenze per Post di vostro interesse
in modo da dare a tutti voi che mi seguite un aiuto maggiore, grazie per la vostra disponibilità.