L'anno. Astronomia.

Mauro Goretti - Programmatore  - 


L'anno. Astronomia.

Parecchi millenni fa l'uomo era costretto dalla ricerca affannosa del cibo, a muoversi di luogo in luogo per cacciare animali e raccogliere frutti, portando con sé i pochi beni che possedeva: pelli di animali per ripararsi dal freddo, armi per la caccia e qualche rozzo recipiente; ma ne calendario ne orologio facevano parte del suo equipaggiamento da nomade. Calendario e orologio sono infatti strumenti la cui costruzione presuppone una profonda conoscenza della natura, una notevole abilità nel calcolo e una progredita tecnica nei meccanismi di precisione: dura fatica e lunghe esperienze attraverso i secoli occorsero all'uomo per apprendere queste cose e concretizzare validi strumenti di misura del tempo.

Gli uomini scrutano il cielo.

Quando l'uomo primitivo, fino allora nomade e cacciatore, si adattò a un sistema di vita stabile, si accorse che molti avvenimenti della natura si ripetevano con regolarità: gli alberi, a lunghi intervalli, rifiorivano, davano frutti, perdevano le foglie; gli uccelli migravano e tornavano periodicamente; gli animali selvatici si riproducevano a intervalli costanti. Inoltre, costretto a rivolgere lo sguardo al cielo per cercarvi una guida, un punto di riferimento nei suoi spostamenti, l'uomo si accorse che il Sole sorgeva e tramontava a intervalli quasi uguali, seguendo lo stesso percorso. Infatti, le lunghe ombre del mattino, puntate in una direzione, andavano via via accorciandosi fin quasi a scomparire quando il Sole raggiungeva il suo punto più alto nel cielo a mezzogiorno, per poi riprendere ad allungarsi a poco a poco con il calare del Sole, puntando nella direzione opposta. Il Sole divenne così il primo “orologio”: la variazione della lunghezza e della direzione delle sue ombre permetteva di seguire il trascorrere del tempo con sufficiente approssimazione. L'uomo incominciò allora a incidere, su un bastone, su un albero o su una pietra, una tacca ogni volta che il Sole sorgeva: il periodo di tempo che passava fra un'incisione e l'altra fu il “giorno”.

La scoperta delle fasi lunari.

Di notte, mentre la tribù dormiva, gli incaricati di custodire il fuoco erano costretti a vegliare. Osservando il cielo, notte dopo notte, essi si accorsero che la Luna si mutava via via da disco d'argento in falce sempre più sottile, per poi sparire completamente; riappariva qualche notte più tardi come falce sottile, diventava di nuovo piena e riprendeva il ciclo. Poi qualcuno si accorse che passavano sempre quasi 30 tacche, ossia 30 giorni, tra una Luna piena e la seguente, così segnarono una tacca più grande il giorno in cui c'era la Luna piena e, quello fu il primo “mese”.

Le costellazioni.

Tutte queste scoperte stimolarono l'uomo a osservare sempre più attentamente il cielo; vide così che il Sole, nel suo percorso apparente (cioè visto dalla Terra), sembrava passare davanti ad alcuni gruppi stellari (le dodici Costellazioni dello Zodiaco). Inoltre, ogni mese appariva via via davanti a una Costellazione diversa, finché, compiuto un giro apparente, tornava davanti alla stessa Costellazione. Il periodo impiegato dal Sole per tornare di nuovo davanti alla stessa Costellazione corrispondeva a 12 tacche mensili incise sull'albero: a questo punto l'uomo aveva scoperto “l'anno”.

L'avvento della civiltà agricola e il perfezionamento del calendario.
Tutte le “scoperte” che abbiamo descritto richiesero lunghi secoli di osservazioni, durante i quali l'uomo conquistò via via un grado sempre maggiore di civiltà. Con il perfezionamento delle tecniche agricole, si rese necessario prepararsi con tempestività a quelle operazioni che dovevano essere eseguite in determinate stagioni; questa necessità mise in evidenza alcune discordanze tra il succedersi di avvenimenti e il succedersi delle stagioni stabilito dal calendario basato sui mesi “lunari”. L'uomo si accorse infatti che calcolando l'anno di 360 giorni (12 mesi di 30 giorni ciascuno) si aveva un errore di 5 giorni dopo il primo anno, di 10 giorni dopo il secondo e così via. Creare un calendario che corrispondesse meglio all'evolversi delle vicende stagionali divenne così un'esigenza pressante che stimolò la mente dell'uomo a nuove osservazioni, a nuove organizzazioni dei risultati, e lo rese consapevole della necessità di uomini la cui funzione fosse esclusivamente quella di studiare il trascorrere del tempo e di realizzare qualche strumento che permettesse di ottenere risultati più aderenti alla realtà. I resti dell'antica Babilonia hanno infatti messo in luce che già alcuni millenni prima dell'Era Cristiana i Babilonesi possedevano strumenti primitivi molto simili agli astrolabi per studiare il moto degli astri e scoprire quegli errori che l'osservazione della Luna e delle sue fasi non avevano messo in evidenza. Il popolo che più di ogni altro aveva interesse a misurazioni del tempo più rigorose era il popolo egizio: infatti la necessità di prepararsi al fenomeno annuale delle piene del Nilo lo spinse a osservazioni più attente e prolungate del Sole e delle Stelle. I sacerdoti egizi, venuti a conoscenza di alcuni calcoli elaborati dagli astronomi babilonesi e degli strumenti di misura da essi usati, decisero di strutturare un proprio calendario basandosi su due avvenimenti periodici quali l'inondazione del Nilo e il sorgere della stella Sirio che, a una latitudine come quella di Memfi, era visibile poco prima dell'inondazione e, quasi al suo preannuncio. Costatarono così che la durata dell'anno siderale di Sirio era di 365 giorni; di conseguenza, trascorsi 12 mesi di 30 giorni ciascuno, si aggiungevano 5 giorni considerati come un piccolo mese a parte. Ogni mese era inoltre diviso in tre decadi e l'anno stesso in tre grandi stagioni: quella dell'inondazione, quella dell'uscita della terra dalle acque e quella del raccolto. Il calendario egizio costituì naturalmente un'altra pietra miliare nella storia della misura del tempo. La durata dell'anno però, nonostante i lunghi e laboriosi calcoli, presentava ancora un errore di valutazione, in quanto, rispetto all'anno solare effettivo, venivano trascurate 5 ore 48 minuti e 46 secondi, che nel giro di quattro anni portavano allo spostamento di circa un giorno.

Il calendario Giuliano e la riforma Gregoriana.


Mentre i sacerdoti egizi, progredendo nelle loro conoscenze, si dedicavano a una compilazione sempre più accurata del calendario solare, gli antichi Greci, i Romani e gli Ebrei cercavano di rendere più aderente alla realtà la strutturazione dei loro calendari lunari, senza ottenere però dei risultati soddisfacenti. Solamente nel 46 avanti Cristo, per opera di Giulio Cesare, si giungeva a un importante riforma del calendario in uso presso i Romani. Cesare diede l'incarico di rielaborare il calendario all'astronomo Sosigene di Alessandria, che lo definì nel modo seguente: 7 mesi (gennaio, marzo, maggio, luglio, agosto, ottobre, dicembre) costituiti di 31 giorni ciascuno; il mese di febbraio, costituito di 28 giorni, e gli altri mesi (aprile, giugno, settembre, e novembre) di 30 giorni ciascuno; ogni 4 anni inoltre ricorreva un anno bisestile, cioè di 366 giorni: il giorno in più era intercalato fra il 23 e il 24 febbraio. Con l'introduzione di tale calendario, detto “Calendario Giuliano”, di cui sono state trovate copie negli scavi, l'anno veniva considerato composto di 365 giorni e 6 ore. Il calcolo era abbastanza esatto, con il solo errore di 11 minuti e 14 secondi; infatti (ma fu scoperto solo in seguito) l'anno è composto di 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi. Il calendario Giuliano rimase in uso per oltre 15 secoli, finché la costruzione di osservatori astronomici, dotati di strumenti notevoli per dimensione e precisione, posero l'uomo in grado di proseguire nell'opera di perfezionamento del calendario e di ridurre il più possibile la differenza tra la lunghezza dell'anno solare e quella dell'anno Giuliano. Nel frattempo (1628 anni, dal 46 avanti Cristo al 1582 dopo Cristo) gli 11 minuti e 14 secondi “attribuiti” in più all'anno si erano accumulati e avevano fatto sì che l'equinozio di primavera fosse in ritardo rispetto al calendario civile di ben 10 giorni. Papa Gregorio XIII promosse ulteriori studi e nel 1582 fu varata una nuova riforma in base alla quale, per compensare i 10 giorni di ritardo, si faceva compiere al calendario un balzo di 11 giorni: dal 4... direttamente al 15 ottobre. In questo modo l'anno civile tornava alla pari con l'anno solare. Inoltre, per evitare ulteriori errori, veniva soppresso l'anno bisestile negli anni centenari non multipli di 400.
 
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