La Vittoria Inglese.
Mauro Goretti |
La Vittoria Inglese.
Per quanto una buona parte della storiografia tradizionale
continui a vedere nelle guerre di Successione che si combatterono in
Europa nella prima metà del Settecento
la continuazione dei precedenti conflitti per conquistare l’egemonia in Europa,
in realtà le paci di Utrecht e Rastadt (1713-1714) che conclusero la guerra di
Successione spagnola sancirono una svolta storica nelle relazioni
internazionali. I trattati infatti
posero definitivamente fine all’egemonia spagnola in Europa e contrassegnarono
il ruolo imperiale ormai assunto dall’Inghilterra. La Spagna di Filippo di Borbone conservò solo
i possedimenti coloniali, perdendo i domini italiani a favore dell’imperatore
Carlo VI, cui andarono anche i Paesi Bassi spagnoli, mentre l’Inghilterra
occupò stabilmente l’importante base navale di Gibilterra, strategicamente
fondamentale per controllare l’accesso al Mediterraneo. E ottenne soprattutto, attraverso
“l’asiento”, il monopolio del commercio atlantico degli schiavi negri con le colonie
spagnole, nonché il permesso di commerciare con queste, ufficialmente con una
sola nave l’anno, illegalmente tramite il contrabbando, largamente praticato
via Giamaica. Ciò comportò per
l’economia spagnola, già in forte decadenza per la crisi delle manifatture
tessili della seta e del lino di Toledo, Segovia e Cuenca e per quella
metallurgica e cantieristica, la perdita dei mercati coloniali, a vantaggio
degli inglesi. Così, ancora una volta,
per sostenere le proprie importazioni la Spagna fu costretta a coprire il
deficit dei pagamenti con l’Inghilterra con i metalli preziosi americani. E se è vero che l’ultimo galeone della “flota
de oro” del Pacifico giunse ad Acapulco nel 1811, la Spagna durante il
Settecento non riuscì più a mutare il suo ruolo economico ormai periferico;
anzi alla fine del secolo avrebbe perduto il suo stesso impero americano. Ben diversa fu invece la vittoria inglese ,
una vittoria non tanto misurabile in ingrandimenti territoriali o coloniali
quanto in un vero e proprio ruolo internazionale. Già gli Atti di Navigazione avevano in
pratica creato un monopolio imperiale, che permetteva ai mercanti inglesi di
acquistare a basso costo per rivenderli a prezzo elevato i propri prodotti
esteri destinati al mercato interno. Fu
così possibile eliminare i monopoli commerciali delle Compagnie privilegiate:
nel 1673 il commercio del Baltico venne aperto a tutti i mercanti inglesi; nel
1689 divenne libera l’esportazione dei tessuti inglesi; nel 1698 e nel 1699 fu
liberalizzato il commercio con l’Africa e quello con la Russia e
Terranova. Da allora, lo stato ebbe un
duplice ruolo: la guerra e il mantenimento dell’ordine, in una visione politica
tanto pragmatica, quanto poco ideologica.
La vittoria quindi comportò l’accesso a mercati ancora poco sfruttati,
come l’India, o a monopoli quali il commercio degli schiavi negri che
significava la realizzazione di enormi profitti. Tra il 1700 e il 1780 il commercio inglese
con l’estero raddoppiò di volume, triplicandosi nei vent’anni successivi. Decine di milioni di sterline affluirono nel
paese innescando quella rivoluzione commerciale i cui capitali servirono a
promuovere e sostenere la stessa rivoluzione industriale inglese. L’ascesa
dell’economia inglese fu quindi anche il frutto di un consapevole e vittorioso
uso della forza, proprio come la sconfitta e la decadenza della Spagna si
possono spiegare con la scelta di troppi e diversi obbiettivi e di una superata
concezione di predominio politico.
I veri sconfitti.
La Spagna tuttavia non fu la sola nazione a dover pagare con
una inarrestabile decadenza il proprio
insuccesso nella gestione di un’economia-mondo.
Anche il Portogallo, come si è detto, uscì sconfitto, entrando a far
parte, come paese satellite, della sfera’d influenza britannica.
E così pure l’Olanda, che tuttavia riuscì a mantenere parte dei propri
domini coloniali e un ruolo ancora notevole nel commercio internazionale. I veri sconfitti di questa grande corsa, a
volte tragica, per impadronirsi del controllo dell’economia-mondo furono ben
altri popoli, vittime inconsapevoli di una tragedia storica che poterono solo
subire. Tra essi in primo luogo gli
indiani d’America: solo in Messico, nel 1519, si calcola che vivessero circa 25
milioni di persone, scese a meno di un milione e mezzo alla fine del secolo; e
un declino simile subì probabilmente la popolazione del Perù. Subito dopo vennero le popolazioni africane:
il traffico degli schiavi era ritenuto il più vantaggioso fra tutti i settori
del commercio inglese. E le belle e
famose parole di Pitt, nel 1739, << quando il commercio è in gioco è la
vostra ultima trincea, dovete difenderlo o perire >>, perdono, come ha
scritto C. Hill, gran parte del loro fascino quando ci si ricorda che il
commercio in questione riguardava principalmente esseri umani. Così come del resto buona parte dei profitti
realizzati nelle piantagioni americane furono dovuti proprio alla schiavitù
degli africani; nei primi dell’Ottocento
si calcolava che vi fossero in America circa 6 milioni e mezzo di schiavi negri
di cui solo il 10% nell’America spagnola.
Il popolo irlandese fu anch’esso una delle principali vittime del
monopolio imperiale inglese. Dopo la
conquista di Cromwell il paese venne considerato come una semplice colonia,
alla stregua di quelle d’oltremare.
Venne proibita l’esportazione di lana e bestiame in Inghilterra,
così come quella del burro e del
formaggio. E nel 1698 fu promulgato il
divieto di esportare all’estero lana o panno irlandesi, condannando così a
morte le manifatture e la produzione stessa della lana. Tre quarti della proprietà fondiaria
dell’isola passò nelle mani dei grandi proprietari inglesi assenteisti, che
resero sempre più straziante la povertà dei contadini irlandesi; mentre la
maggioranza della popolazione cattolica venne privata di ogni diritto
politico. Nella grande carestia che
colpì l’Irlanda egli anni 1739-1741 si è calcolato che perirono 400.000
persone, un quinto della popolazione. La
salvezza per gli altri venne solo con la rapida diffusione della coltivazione della
patata e con l’emigrazione.
Commenti
Posta un commento
Ciao a tutti voi, sono a chiedervi se avete preferenze per Post di vostro interesse
in modo da dare a tutti voi che mi seguite un aiuto maggiore, grazie per la vostra disponibilità.