Gli altri rivali.

Mauro Goretti

Gli altri rivali.

Nel corso del Seicento il destino dell’impero portoghese era senza dubbio segnato.  Pur riacquistando l’indipendenza politica dalla Spagna, perduta nel 1580, il Portogallo entrò a far parte della sfera d’influenza inglese già a metà del secolo.  D’altro canto, dell’impero costruito in poco più di cinquant’anni in Estremo Oriente un secolo prima, non restava che il ricordo.  Ceylon, Malacca, le isole della Sonda, le Molucche, lo stesso commercio con la Cina e il Giappone erano caduti nelle mani degli olandesi.  Cacciati quindi dall’Oceano Indiano, i portoghesi si dedicarono più intensamente alla colonizzazione del Brasile, che, sia pur occupato anch’esso brevemente dall’Olanda, ritornò ben presto sotto il controllo lusitano.  Grazie alle piantagioni di zucchero, caffè e tabacco e, più tardi, alla scoperta e allo sfruttamento di ricche miniere d’oro, alla fine del Seicento i redditi  tratti dal Brasile formavano un quarto di tutte le entrate del Portogallo.  Ma i benefici più importanti andavano ormai all’Inghilterra, che in seguito alla firma del trattato di Methuen nel 1703 divenne la vera dominatrice dell’economia lusitana.  Il Portogallo si impegnò infatti a importare i panni lavorati inglesi, con il risultato di smantellare le sue stesse manifatture, esportando in cambio i vini portoghesi, Porto soprattutto, in misura sempre crescente e confermando all’Inghilterra la libertà di commercio in tutti i domini portoghesi, nonché l’impegno ad utilizzare navi inglesi per il traffico oceanico.

Gli Olandesi.

L’impero olandese in Estremo Oriente al contrario ebbe una vita lunghissima e terminò in pratica solo dopo la seconda guerra mondiale, almeno per quanto riguarda la zona delle isole della Sonda, il Borneo e Sumatra.  Molto è stato scritto sui rigidi sistemi della colonizzazione olandese in Oriente, sistemi e metodi che già fornirono allo stesso Marx numerosi e brutali esempi dello sviluppo del capitalismo commerciale nell’età moderna.  Qui basterà ricordare che per  assicurarsi il completo monopolio del commercio della noce moscata o dei chiodi di garofano gli olandesi distrussero gli alberi e le piante in tutte le Molucche, eccetto che sul piccolo gruppo delle isole Banda per la prima e sull’isola di Amboina per i secondi.  Tuttavia la vera forza del commercio internazionale dell’Olanda continuava ad essere assicurata dal Mar Baltico e, a metà Seicento, le esportazioni olandesi raggiungevano il valore di circa 12 milioni di sterline, valore raggiunto dall’Inghilterra solo nel Settecento, quando il commercio olandese con i paesi europei continuava a restare superiore di circa tre volte a quello con il traffico oltre oceano.  Anche in questo caso è senza dubbio difficile parlare di un controllo olandese di un economia-mondo: le guerre con l’Inghilterra infatti comportarono per l’Olanda un drastico ridimensionamento del proprio dominio oltremare, destinato a restare più un serbatoio di materie prime, che un vero e proprio impero economico.

La Francia.

Giunta con notevole ritardo sullo scenario delle conquiste coloniali, la Francia si rivelò ben presto l’unica vera rivale dell’Inghilterra in questo periodo e in quello immediatamente successivo.  Già sotto Richelieu era stata favorita sia la colonizzazione del Canada che quella delle Antille, mentre numerose società francesi iniziarono ad operare lungo le coste africane, dal Senegal alla Guinea e al Madagascar.  Furono inoltre dedicate cure particolari allo sviluppo della marina e ampliati e migliorati i porti: Marsiglia e Le Havre prima, quindi, sotto Colbert il grande ministro di Luigi XIV, Brest e Tolone.  Favorita inoltre da un vantaggioso trattato commerciale stipulato nel 1555 con Solimano il Magnifico, la Francia si era assicurata una posizione privilegiata nel Mediterraneo, controllando buona parte del commercio con il Levante fino agli anni Trenta del Seicento.  E con Colbert la spinta verso la colonizzazione fu ripresa sia in America, con l’acquisto dell’immenso territorio della Luisiana, sia in India, soprattutto nel Bengala e nel Decan.  Tuttavia tale politica fu portata avanti con scarsa coerenza da parte dello stato, e affidata in gran parte alle iniziative dei singoli o dei privati.  Così a metà del Settecento si contavano in tutto il territorio dell’America Settentrionale sottomesso al dominio francese solo novantamila francesi, mentre in quelli soggetti alla corona britannica si era già superato il milione di abitanti.  E nella stessa India i successi ottenuti da un brillante governatore come fu Dupleix, che riuscì ad occupare quasi tutto il Decan, a prendere saldamente piede nel Bengala ed a occupare la stessa Madras, vennero rapidamente ridimensionati dopo la sua partenza.  In un certo senso la Francia di Luigi XIV subì lo stesso destino della Spagna di Filippo II: le lunghe guerre per il predominio europeo, da quella dei Trent’anni a quella per la Successione spagnola, impegnarono gran parte delle sue forze migliori.  Nel 1713 essa fu quindi costretta a cedere l’Acadia, Terranova e il territorio lungo la baia di Hudson, quindi, dopo la guerra dei Sette Anni, nel 1763, il Canada e le regioni occupate in India.  Ancora una volta la strategia navale inglese ebbe la meglio su una grande potenza che riponeva la sua forza militare esclusivamente o quasi sul valore di un esercito continentale.  E in effetti il vero punto di svolta nel conflitto anglo-francese, iniziato nel 1689 e terminato nel 1763, avvenne nel 1694, quando nella battaglia navale di Barfleur la flotta francese si trovò soverchiata da quella anglo-olandese.  Da quell’anno il dominio del mare passò all’Inghilterra, decisa ormai a privilegiare la marina quale arma più adatta a gestire, mantenere e allargare il suo impero; la Francia invece scelse l’esercito, credendo che il predominio politico in Europa avrebbe potuto assicurare anche il controllo dell’economia-mondo.

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